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Luca Ramacciotti – Sogetsu Concentus Study Group

www.sogetsu.it

Da sempre appassionato (leggi goloso) di dolci non mi perdo mai una puntata di “Bake Off Italia” il talent a cui partecipano pasticceri amatoriali.

Spesso viene fuori che fanno torte multistrato, abbinamenti strani, ma quando si va a toccare le basi della pasticceria (da preparazioni come la pasta sfoglia o dolci quali i “baci di dama”) loro crollano. Come mai? Perché sai fare dolci visivamente belli, ma che hanno sostanziali problemi tecnici? Perché nella nostra torta multistrato il pan di spagna è asciutto o la crema è piena di grumi?

Questo rispecchia un po’ il modus operandi che abbiamo nell’approcciarsi a tutto ikebana compreso. Nella nostra smania dei like, di dimostrare che siamo artisti e creiamo cose fighe, ci scordiamo della solidità delle basi e spesso, che è pure peggio, ne cambiamo l’aspetto tecnico. E’ come se non si sapesse che l’albero proviene dal seme e si volesse subito creare un perfetto bonsai.

Porto un esempio pratico: il morimono. Questa particolare composizione a noi occidentali può sembrare “banale”, ma se pensiamo al valore (e all’alto costo) che ha la frutta in Giappone già l’analizzeremo con occhio diverso e comprenderemo che significato avesse quello di offrire agli ospiti, venuti a trovarci, un vassoio di frutta ben disposto.

La scuola Sogetsu prevede l’utilizzo di: frutta, vegetali, foglie, bacche o frutti rotondi e radici. Quindi se io eseguo una composizione che ha uno solo di questi elementi o parti di frutta tagliata NON E’ un morimono. E qui ahimé subentra il famoso free-style che è il “refugium peccatorum“, la torta multistrato dei pasticceri di Bake Off. In nome del free style noi ci scordiamo degli elementi basici dei vari temi.

Se realizzo temi quali Miniature ikebana (per cui sono previsti almeno 5 ccontenitori non più alti di 6 cm non posso farlo con 1 solo vaso e, magari, di altezza superiore), devo sapere la differenza tra temi quali Composition of Surface Made by using leaves o Whit leaves only, non possiamo sbagliare lezioni quali Color of container o Glass Containers perchè non abbiamo letto il libro di testo o non lo ricordiamo.

Il free style prevede che tu crei l’ikebana senza schemi, ma ogni tema ha una sua regola di base da seguire e inoltre se facciamo, per esempio, Glass Containers non ci sarà materiale fresco e secco o non convenzionale perché sono altri temi, sennò la nostra torta potrebbe avere troppi sapori che si annullano gli uni con gli altri.

La giusta trasmissione di un’arte è fondamentale, come il conoscerne esattamente le basi e la storia.

Questo per me è molto importante ed è il motivo per cui nel 2020 (son già passati due anni!) assieme ai maestri Romilda Iovacchini (Ohara), Regi Bockhorni (Ikenobo) e Ingrid Galvagni (Wafu) realizzamo il primo ebook dedicato a 4 scuole di ikebana editato in italiano e in inglese (in vendita su Amazon). Volevamo che le persone capissero bene cosa fosse l’arte dell’ikebana attraverso l’esempio di quattro scuole perché spesso i libri di ikebana sono dedicati a una sola scuola mentre a noi interessava il percorso storico e culturale. Ricordo che pur conoscendoli a memoria rilessi tutti i libri di testo proprio per essere sicuro di non dare mie interpretazioni dei temi.

Rammentiamoci che è l’ikebana la protagonista non il nostro proprio ego.

Se ho dubbi chiedo sempre alla mia insegnante Mika Otani perché insegno a nome della scuola Sogetsu non a nome mio e la correttezza e l’onestà per me sono valori fondamentali.

Per questo amo molto comunicare anche attraverso questo blog o il mio recente podcast (sicuramente il primo in Italia, non so se ce ne sono altri in Europa) che trovate all’indirizzo: Ikebana Sogetsu.

Concentus Study Group

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“Ikebana” ovvero “la via dei fiori”. Ma anche dei frutti, che sono spesso parte integrante dei rami con cui si costruiscono gli Ikebana. Uso il termine “costruzione” per scelta, poiché ogni Ikebana, trattandosi di una pratica zen, da un lato è basato sulla spontaneità e unicità del momento creativo, dall’altro – come ogni altra pratica artistica giapponese – è fondato su codici e regole ben precise, tra cui quella dell’utilizzo di fiori e frutti rigorosamente locali e di stagione, in base a dove ci si trova quando si realizza una composizione.

Vivendo da oltre 13 anni in Israele, in questi anni ho imparato ad apprezzare l’amore del suo popolo per i frutti della terra, che si manifesta nel corso di ogni festività ebraica, dove ad ogni ricorrenza è associato un frutto specifico. Spesso più d’uno.

Secondo il calendario ebraico quest’anno si festeggia l’anno 5783, che non coincide affatto con lo scadere del 31 dicembre – come nel resto del mondo – ma in una data che, per via del calendario lunare, varia di anno in anno tra l’inizio di settembre e l’inizio di ottobre. La luna e la sua influenza sui raccolti, infatti, ha da sempre scandito le festività del popolo ebraico. E col l’avvicinarsi del plenilunio di autunno si celebra Rosh ha Shana, letteralmente “il capo dell’anno”.

Per cominciare l’anno in un modo “dolce”, la cena di Capodanno prevede largo utilizzo di mele, melograni e datteri – spesso sotto forma di miele di dattero – sparsi in numerose pietanze dall’antipasto al dessert. I datteri, secondo tradizione, allontanerebbero la cattiva sorte, il che spiegherebbe perché, ancora oggi, vengono serviti anche durante il Capodanno cristiano.

Il melograno, invece, per via della ricchezza dei suoi grani, è simbolo di abbondanza e prosperità, ma anche di fratellanza e correttezza, dato che secondo la tradizione il suo frutto conterrebbe 613 semi, come le 613 prescrizioni scritte nella Torah, osservando i quali si ha un comportamento giusto.

Il melograno raggiunge una grande carica simbolica nel libro biblico che canta lo splendore dell’amore: il Cantico dei Cantici, dove è simbolo dell’amore fecondo e dell’intensa relazione tra i due amati. La bellezza dell’amata, colma di vitalità, è così descritta: “come spicchio di melograno è la tua tempia dietro il tuo velo” (cfr. 4,3.; 6,7). Persino nel giardino, luogo dell’amore, fioriscono i melograni. Lo sposo che cerca la sposa va a vedere se nel giardino sono sorti i germogli (cfr. Ct 6,11). Anche per questo motivo in molti studiosi sostengono che per tentare Eva le venne offerta non una mela, bensì un melograno.

Del melograno, così come del dattero, si parla nel Deuteronomio come una delle Sette Specie di Israele: i frutti che la terra produce in abbondanza, garantendo la vita del suo popolo: “la terra donata da Dio è ricca di frumento, orzo, uva, fichi, melograni, ulivi e datteri” (Dt 8, 8).

Non sorprende che la palma di dattero sia uno dei protagonisti di un’altra importante festività ebraica che segue il Capodanno ebraico: Sukkot, letteralmente, la festa delle “capanne” costruite per commemorare il periodo nel deserto dopo l’Esodo del popolo ebraico dall’Egitto verso la Terra Promessa.

Per questa ragione, ancora oggi, durante settimana di Sukkot, che di solito si tiene tra la fine di settembre e la fine di ottorbe, si usa costruire una capanna nel giardino di casa o in terrazzo, dove invitare amici e parenti per cena e in cui spesso i bambini si fermano a dormire in sacco a pelo di notte.

La palma viene utilizzata per coprire il tetto della capanna mentre sulla tavola della cena, come elemento decorativo, non mancano mai cedro, mirto e salice che, assieme alla palma, sono i 4 elementi del “lulav”, il fascio di rami utilizzato per la preghiera speciale dedicata alla festività di Sukkot, che inizialmente era una festa a carattere agricolo, tanto che coincide ancora oggi con il plenilunio di autunno e la cui preghiera si configura come un ringraziamento per i frutti del raccolto.

Secondo alcune interpretazioni le quattro specie rappresentano i diversi caratteri umani: la palma dà frutti dolci e nutrienti ma non ha profumo come coloro che compiono buone azioni più per senso del dovere che per altruismo; il mirto ha profumo ma non dà frutti come chi parla molto ma non fa nulla per trasformare le parole in azioni; il salice non dà né profumo né frutti come coloro che non compiono buone azioni e sono privi di interesse per gli altri; il cedro dà frutti buoni e nutrienti e perfino i suoi rami profumano come chi aiuta il prossimo sia con le buone azioni, sia con il cuore, rappresentato dal cedro stesso.

Utilizzando cedro, mirto, palme e camomille per la composizione di Sukot e melograno, datteri e crisantemi per Rosh ha shana, ho cercato dunque, utilizzando tutti gli elementi di queste due festività così vicine e uniche, di esprimere il mio amore per la terra di Israele e per i suoi frutti: un amore di tipo universale, come è l’insegnamento dell’Ikebana, che, prima ancora di diventare un omaggio dei monaci a Buddha nasce come rituale Shinto, un omaggio alla visione olistica della Madre Terra e di tutti i suoi frutti.

Con questo insegnamento, auguro a tutti di cominciare questo nuovo anno nel rispetto di ciò che la Terra ci regala ogni giorno e che sta a noi tutti preservare e curare. Tutto l’anno.

Concentus Study Group

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Tempo fa avevamo ricevuto l’invito dalla maestra Veena Dass Director Sogetsu School New Delhi (coaudiuvata da Saveena Gadhoke – Assistant Director Sogetsu School Delhi) di tenere una dimostrazione online per i 70 anni di rapporti diplomatici tra Giappone e India. La proposta ci ha fatto molto piacere quanto tremare le vene nei polsi perché in diretta mondiale avremmo dimostrato ciò che abbiamo imparato nel corso degli anni di questa arte che tante soddisfazioni ci ha donato.

Sinceramente la signora Veena Dass ci ha seguito nell’organizzazione in maniera molto presente e gentile aiutandoci a coordinarci e decidendo il tema ovvero “Italian Late Summer” perché ufficialmente l’estate sta per terminare con l’equinozio del 23 settembre prossimo anche se le temperature (e l’umidità) sono ancora alte.

Con Lucio abbiamo optato per i materiali e i fiori di stagione per far meglio comprendere come sia la natura in questo momento in Italia e che lui avrebbe fatto tre ikebana e io due perché, come si sa, l’esposizione al pubblico mi vede sempre reticente abituato come sono a vivere nelle quinte teatrali.

Oggi era il gran giorno e, sinceramente, ero molto agitato perché sentivo la responsabilità di rappresentare la Sogetsu italiana assieme a Lucio e soprattutto non avrei voluto far fare brutta figura alla nostra maestra Mika Otani che ha sempre mille attenzioni nei nostri riguardi.

Siamo stati introdotti dalla signora Dass e poi è iniziata la dimostrazione che a me è sembrata fuggire in un lampo mentre invece è durata 1ora e 27 minuti. Al termine i saluti anche con il rappresentante dell’Ambasciata del Giappone in Idia le cui parole ci hanno davvero molto emozionati.

Il tempo di pulire lo spazio dove abbiamo realizzato la dimostrazione, scaricato l’adrenalina ed eccomi con il mio post…. ancora mi sembra impossibile che abbiamo mostrato il nostro percorso a tutto il mondo, ma è il bello dell’arte: creare ponti.

Grazie a Jaana Pirhonen per gli screenshot e per gli amici, le allieve e le maestre del nostro gruppo che ci hanno seguito e mandato feedback. La dimostrazione è visibile sul gruppo Facebook “Ikebana Sogetsu Delhi

Ikebana di Lucio Farinelli – suiban di Luca Pedone – foto di Luca Ramacciotti
Ikebana di Luca Ramacciotti- Coppa in vetro di Iittala – foto di Luca Ramacciotti
Ikebana di Lucio Farinelli – vaso di Akira Satake – foto di Luca Ramacciotti
Ikebana di Luca Ramacciotti- Vaso di Sebastiano Allegrini – foto di Luca Ramacciotti
Ikebana di Lucio Farinelli – vaso di Magda Masano – foto di Luca Ramacciotti

Grazie davvero a tutti, è bellissimo fare ikebana circondati da amici.

Concentus Study Group

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I partecipanti al workshop con Matteo Raciti e Maria Pia D’Anna

Tendenzialmente da sempre tendo a unire le mie passioni per cui era da un po’ di tempo che volevo realizzare un workshop sulla cartapesta per due motivi: il primo e il più ovvio è che sono cresciuto in mezzo al Carnevale di Viareggio mentre il secondo è per il “culto” che il Giappone ha verso la carta.

Già in occasione del workshop di Mika Otani (2019) come materiale non convenzionale utilizzammo, tra le varie cose, i pezzi di una costruzione carnecialesca (i primi al mondo a farlo), ma desideravo fare un passo in più.

Nel frattempo tra le nuove leve del Carnevale viareggino stava crescendo in maniera molto interessante Matteo Raciti. Matteo ha una grande passione proprio per il tema “carta” per cui era l’ideale per portare a termine il progetto che avevo in mente. Rimaneva il problema che un vaso di cartapesta non può contenere acqua. Che fare?

Il famoso motto socratico “io so di non sapere” l’ho sempre ben presente in mente per cui se un tema mi interessa non mi improvviso, ma cerco un esperto che mi faccia crescere personalmente per cui posi in mano a Raciti il problema perché, per me l’unca soluzione era di creare un vaso e poi trovare un contenitore di vetro o plastica da porre dentro. Qui la differenza tra chi conosce e chi non una materia. Raciti mi fece notare che sarebbe stato difficile trovare un contenitore adatto ai vari vasi creati per permettere ai partecipanti di realizzare un ikebana al termine del workshop dato che ognuno doveva avere la possibilità di sviluppare liberamente un proprio progetto.

Gli lasciai carta bianca e quando trovò la soluzione iniziammo a pubblicizzare il workshop e devo dire l’idea piacque sia perché i posti si sono esauriti abbastanza velocemente (solo 12 perché Matteo ci teneva a seguire bene ogni partecipante) sia perché, dopo aver pubblicato la locandina dell’evento, diversi maestri di ikebana improvvisamente si sono reinventati creatori di vasi con vari materiali (compresi una specie di poltiglia di carta e colla)… ma ricordate il motto di Socrate di prima….? Ecco io amo avere la sensazione di essere vuoto e venir riempito di nozioni e tecniche che non conosco, non mi improvviso. Sono come un vaso che aspetta di venir colmato.

Matteo, grazie all’Associazione Recuperarti non solo trovò una perfetta sede, ma anche il mcguffin per risolvere il problema acqua. Ma andiamo per ordine.

Il 2 mattina con i vari partecipanti (oltre a me e al Maestro Farinelli c’erano Ursula Altenbach, Silvia Barucci, Giusi Borghini, Natalia Calderon, Cristina Dagestad, Patrizia Ferrari, Ilaria Mibelli, Elena Palade, Silvia Pescetelli e Daniela Anca Turdean) ci siamo trovati nell’hangar del carnevale dove lavora Matteo. Era presente ancora il lavoro dello scorso anno, ma abbiamo potuto avere un assaggio anche del prossimo. Raciti ci ha illustrato il lavoro di un artista del Carnevale, guidato al Museo e allo spazio espositivo (dove c’è anche il suo Gulliver) donandoci preziosi dettagli, nozioni e curiosità.

Il pomeriggio abbiamo iniziato il workshop ed ecco la soluzione ideata da Raciti: ognuno di noi ha scelto liberamente uno dei molti flaconi, bottiglie o altro recipiente in plastica a disposizione ovvero tutto materiale di recupero che sarebbe stata l’anima del nostro vaso. Quindi il problema acqua veniva eliminato.

Ma come trasformarlo?

Matteo ci ha fatto vedere come avremmo potuto cambiare la forma a ciò che avevamo scelto dando anche materiale, sempre di recupero, come gli appendi abiti in ferro. Quindi ci siamo messi tutti all’opera dopo aver disegnato la nostra idea in modo che Raciti ci desse i giusti consigli per realizzarla. Come tutte le volte che mi approccio a una materia nuova mi sono totalmente affidato all’insegnante sempre per il precetto socratico sopra riportato. Ho esposto la mia idea e seguito le sue istruzioni.

Quando tutti abbiamo compiuto questo primo passo di modifica di uno o più contenitori è stato il momento di preparare la colla per la cartapesta e di imparare come si realizzano i vari strati. Quindi abbiamo iniziato ad applicare i minuscoli frammenti di carta sul nostro vaso in nuce pensando a quanto lavoro ci sia su una figura carnecialesca utilizzando quel metodo.

Il sabato mattina Raciti ci ha portato a visitare il Museo dei Bozzetti spiegando le varie fasi di realizzazione delle culture. Come dal bozzetto si passa al modello, a come ricavare le misure e nei casi dei bronzi stampi e fusioni. Poi abbiamo fatto un salto nella galleria dove espone le sue strabilianti e particolari scultre, i quadri dall’uso personalissimo e poetico dei colori (il blu!) e di monili in bronzo davvero innovativi.

Il pomeriggio abbiamo continuato il lavoro andando ad applicare sul lavoro del giorno prima varie tipologie e strati di carte che erano a nostra disposzione con un’incredibile scelta di tipologie di carte e colori. Avrei voluto usarle tutte!

Un lavoro di pazienza che rasserenava l’animo dato che il pensiero era lì e non disperso in altre problematiche della vita. Se non si ha la mente serena e libera di pensieri non faremo mai bene un’arte.

Il terzo e ultimo (ahimé) giorno abbiamo realizzato nei nostri vasi gli ikebana che il fotografo professionista preposto ovvero Angelo Paionni ha immortalato. Anche lì abbiamo avuto un’ulteriore lezione dato che ha dimostrato con mezzi improvvisati come fare delle belle fotografie. La sapienza in un campo.

Vaso e ikebana di Silvia Barucci
Vaso e ikebana di Giusi Borghini
Vaso e ikebana di Natalia Calderon
Vaso e ikebana di Cristina Dagestad
Vaso e ikebana di Lucio Farinelli
Vaso e ikebana di Ilaria Mibelli
Vaso e ikebana di Elena Palade
Vaso e ikebana di Silvia Pescetelli
Vaso e ikebana di Luca Ramacciotti
Vaso e ikebana di Daniela Anca Turdean

Ma c’era anche una sorpresa per tutti da parte dei Raciti… ovvero farci apprendere come viene realizzato uno stampo in gesso.

Ognuno di noi ha avuto un blocco di argilla per ideare un vaso. Ci ha spiegato come fare questo stampo “positivo”, quali dettagli poter mettere in evidenza e quali si sarebbero invece persi oppure avrebbero potuto costituire un problema al momento del colaggio del gesso che ci ha insegnato a preparare.

Ottenuti gli stampi “negativi” ci ha insegnato a ricreare il positivo con la tecnica della carta pesta.

3 giorni intensi allietati da persone meravigliose, vecchi e nuovi amici e belle cene.

Finalmente un workshop (e internazionale) dal vivo dopo 3 anni di pandemia e la felicità di aver incontrato anche un’altra allieva della nostra maestra Mika Otani.

Per me l’ikebana sarà sempre e solo questo. Condividere esperienze con amici e non “limitarsi solo” a fare una composizione floreale, ma, proprio come fa la Sogetsu, inglobarvi tutto ciò che è arte.

Workshop come questo che Raciti ci ha ideato sono preziosissimi per la crescita di un ikebanista perché non solo abbiamo avuto degli imput su come creare un vaso, ma nozioni importantissime di tecnica che potremo riapplicare in vari contesti.

Ringrazio quindi lui e Maria Pia (voce inglese, collaboratrice, social menager, ma soprattutto simpaticissima) per come hanno organizzato e ideato il tutto perfettamente; Matteo ha saputo spiegare tutto con esempi “semplici” e chiari facendoci davvero apprendere bene e con una generosità di nozioni davvero impressionante.

Ringrazio soprattutto coloro che hanno compreso l’importanza di questo workshop aderendovi e andando subito a riempire i pochi posti disponibili.

Per l’occasione abbiamo anche effettuato la consegna dei diplomi da maestre a Silvia Pescetelli e a Daniela Anca Turdean.

Le fotografie e i video di questo articolo sono stati realizzati da Ursula Altenbach, Natalia Calderon, Angelo Paionni, Daniela Anca Turdean e dal sottoscritto.

Concentus Study Group

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Quando nel 2005 iniziai lo studio dell’ikebana a malapena si sapeva cosa fosse internet figuriamoci i social media.

All’epoca c’era Flickr e lo salutai con gioia perché mi diede la possibilità di entrare in contatto con altri ikebanisti Sogetsu di tutto il mondo dato che all’epoca in Italia eravamo quattro gatti sapruti e dei dintorni di Roma (a volte quando penso che noi abbiamo allievi che hanno poi creato dei loro punti di insegnamento a Merano, a Venezia, in Svizzera, in Toscana, in Romania e, prossimamente, a Ivrea e in Israele mi pare impossibile!).

Per me lo sviluppo dei social era una cosa positiva proprio per scambio di idee e vedute e in fin dei conti abbiamo così conosciuto la nostra insegnante Mika Otani e molti altri valenti colleghi.

Quello che non avevo messo in conto che le persone avrebbero solo cercato di mettere su una vetrina senza che dietro vi fosse nulla di valore.

L’importante è pubblicare, pubblicare, pubblicare ed avere like e followers.

Se quello che pubblichiamo non è corretto ci importa poco in confronto ai 400 like messi dalle persone che magari sono le stesse che le mettono anche a quello che batte una sederata in terra…

Ci si sente autorizzati a pubblicare qualsiasi cosa soprattutto se ci siamo fatti conoscere.

Si spaccia per ikebana cose che nemmeno sarebbero degne di flower arrangement o figli generati dal tritatutto e dall’attack.

Più la cosa è strana o fatta male, piatta, senza estetica e più piace perché ci pare che anche noi si possa farla senza tanti sforzi.

Ci lodiamo pubblicamente che stiamo studiando ikebana e non se ne conoscono realmente stili o tecniche, nei gruppi su Facebook si spacciano per ikebana cose sterili di persone che non sono mai andate a lezione.

Circoli viziosi di amici che si mettono i like a vicenda.

E in tutto questo dove è la vera arte dell’ikebana? Il sentiero dei fiori?

E’ la sfuocato in lontananza dietro all’apparire.

Ci basta dire che stiamo rappresentando una scuola, fare la coda di pavone e pubblicare esercizi di art attack che poi al 90% dei casi sono sempre uguali con piccole variazioni.

Se non altro è passata la mania di spacciare per ikebana delle piramidi di forchette incastrate tra di loro, ma per il resto lo sconforto è immenso.

Di recente ho visto massicci esercizi di roba vegetale ammucchiata senza senso, senza profondità, senza un’idea precisa e altri con materiali messi a casaccio assieme da, probabilmente, persone daltoniche.

Mi chiedo cosa me lo faccia fare ancora di insegnare alle allieve cercando di dar loro quei principi base importanti, quelle correzioni se il fine è solo quello di pubblicare una foto che sia corretta o meno o con l’inquadratura giusta?

Abbiamo deciso di realizzare un workshop con un esperto artista della cartapesta e si son visti subito maestri correre a dimostrare che anche loro sanno costruire vasi con materiali non ceramici e… non ho visto nulla di soddisfacente perché non è possibile che tutti sappiano fare tutto per quello noi collaboriamo con professionisti del settore.

Però è stancante perché ormai è la battaglia delle Termopili.

Non si fa ikebana per portare la bellezza e la poesia nella propria vita o un guizzo di creatività.

Lo si fa per la coda da pavone o per guadagno pecuniario scrivendo ovunque i cartellini dei prezzi come si fosse al supermercato.

Peccato.

Concentus Study Group

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“San Giovanni non vuole inganni” è un proverbio di origine toscana e, infatti, San Giovanni Battista è patrono di Firenze. Il proverbio è di origine medievale e trae significato dalla moneta in uso a quell’epoca, il fiorino, così chiamato proprio perché da un lato era raffigurato il giglio fiorentino mentre sull’altro vi era l’effige di San Giovanni Battista, già allora patrono della città. L’espressione “San Giovanni non vuole inganni” voleva significare che, da una parte, l’immagine era garanzia di autenticità e, dall’altra, la figura del Santo rendeva difficile ogni falsificazione. Inoltre, l’immagine avvertiva che qualsiasi copia falsa della moneta era non solo un atto vergognoso, ma anche un grave reato condannabile dalla legge. 

E a San Giovanni è legata una tradizione floreale che percorre tutta la nostra penisola ovvero quella dell’infuso di fiori.

Il 23 giugno, la notte che precede la nascita di San Giovanni Battista, è da sempre considerata una notte magica, durante la quale si celebrano riti propiziatori e purificatori questo perché, come molte tradizioni cattoliche, fu innestata, per diffondersi, su riti pagani e, in questo caso, quelli legati al solstizio d’estate. Il solstizio d’estate, infatti, segna l’inizio della nuova bella stagione e cade nel giorno più lungo dell’anno quando la natura giunge al massimo splendore. Nonostante la forte rinascita, bisogna prestare attenzione agli eventi sfortunati come siccità, forti temporali o malattie delle piante, che rovinerebbero i raccolti.

Per scongiurare le avversità, si facevano (fanno) falò propiziatori che rappresentano il sole e si prepara l’acqua di San Giovanni per raccogliere la rugiada, che simboleggia la luna. L’acqua di San Giovanni porterebbe fortuna e prosperità grazie all’incredibile potenza dei fiori e sarebbe in grado di proteggere i raccolti, allontanando le calamità.

Questa acqua si prepara per sfruttare la forza e la potenza di piante e fiori intrisi della rugiada degli Dei.
Si crede infatti che durante la notte di San Giovanni cada la rugiada degli Dei, capace di influenzare piante e fiori donando loro una particolare forza: il solstizio d’estate sarebbe la porta attraverso cui gli Dei fanno passare i nuovi nati, proprio sotto forma di rugiada.

La leggenda vuole che questa acqua magica porti fortuna, amore e salute, e che sia capace di allontanare malattie e calamità e di proteggere i raccolti.
Per preparare l’acqua di San Giovanni bisogna raccogliere una misticanza di erbe e fiori spontanei. Nella scelta dei fiori e delle erbe non esiste una vera e propria regola. Generalmente ci si lascia ispirare dal proprio istinto scegliendo tra le specie che si hanno a disposizione.

Solitamente in questo periodo si raccolgono i fiori di iperico, lavanda, artemisia e malva e fiori e foglie di menta, rosmarino e salvia. Si possono trovare e raccogliere anche i fiordalisi, i papaveri, le rose o la camomilla, in base alle fioriture presenti nel proprio territorio.

Si raccomanda di rispettare la natura durante la raccolta delle erbe, di non raccogliere quantità eccessive di esemplari e di non estirpare le piante alla radice (questo per ricollegarsi proprio a quanto detto prima su improvvisi murtamenti climatici, siccità, malattie delle piante e acquazzoni).
Dopo il tramonto, le erbe raccolte vanno messe in acqua e si lasciano all’esterno per tutta la notte, così che possano assorbire la rugiada del mattino. Le erbe raccoglieranno la rugiada e da essa acquisiranno proprietà magiche.

La mattina del 24 giugno, l’acqua di San Giovanni si utilizza per lavare mani e viso, in una sorta di rituale propiziatorio e di purificazione che porterà amore, fortuna e salute.

Da me a Viareggio si fa anche il “veliero” ovvero in una caraffa colma di acqua si fa scivolare lentamente un albume e lo si lascia fuori all’aria. Se la mattina, ghiacciandosi, l’albume avrà assunto la forma di una vela questo sarà un segno propiziatorio di buona fortuna.

Ma perché vi racconto tutto ciò?

Per due motivi anzi tre.

Il primo è che credo fortmente che tutto ciò che è di tradizione vada sempre mantenuto vivo. Le tradizioni sono rituali e fanno bene alla mente e al corpo e sono lo strato di cultura da cui proveniamo.

Il secondo è che nella scuola Sogetsu abbiamo una composizione denominata ukibana (o floating) in cui i fiori recisi “galleggiano” in una ciotola d’acqua.

La terza, e forse la più bella, che alcune mie allieve hanno preparato la loro acqua di San Giovanni compresa Fiammetta che ha mandato la sua foto da Israele dove vive.

Silvia Barucci
Fiammetta Martegani

E buona estate a tutti!

Concentus Study Group

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Quanda è nata l’idea di andare in Sicilia per fare una mostra e dimostrazione di ikebana ero felice per due motivi. Il primo, personalissimo, che sarei tornato in quella stupenda regione che amo molto e il secondo che, per la prima volta, la Sogetsu sarebbe stata rappresentata in Sicilia con le attività di un gruppo ufficiale (una delle nostre tante prime volte, dal collaborare coi profumi d’autore, all’alta moda, alla cucina stellata, agli artisti ecc.). Ci meravigliamo sempre di quante prime volte abbiamo alle spalle, cose che in Italia non ha mai fatto nessuno e che in Europa incominicano ora a eseguire invece di limitarsi semplicemente a fare un ikebana “fine a se stesso”.

Del gruppo, oltre al sottoscritto, avrebbero fatto parte Lucio Farinelli, Ilaria Mibelli e Silvia Pescetelli.

Ma come si organizza una mostra di ikebana in Sicilia? Semplice ci si rivolge ai locali ovvero nel mio caso ad un soprano (Micaela Sarah D’Alessandro) con cui ho avuto la fortuna e l’onore di lavorare più volte e il cui marito Giacomo Grippaldi è comproprietario, assieme a Carmelo indelicato, dell’Agenzia Sicilying, ovvero il non plus ultra se vogliamo davvero conoscere questa terra incantata scoprendo anche luoghi, cibi e altro che solo i locali sanno consigliare e perfettamente.

Loro ci hanno messo in contatto con l’artista Magda Fasano che ci ha ospitato nel suo atelier “Folk” mettendo a nostra disposizione i suoi meravigliosi manufatti ceramici e Francesca Giardinaro (Intrecci di fiori e d’arte) una marea di materiale vegetale spettacolare e locale (per noi fattore molto importante).

Nessuno di noi però, pur conoscendo l’ospitalità e il cuore dei siciliani, si sarebbe mai aspettato di essere investiti da una tale onda d’urto di sentimenti e gioia.

E’ stata una giornata indimenticabile piena di gioia, persone incuriosite e interessate, abbiamo lavorato con gioia e illustrato le caratteristiche della nostra scuola.

La ciliegina sulla torta il piacere della compagnia di Antonio Alessandria che ci ha accolti nel suo Boidoir 36 dove ci ha avvinto con le sue storie e profumi e io poi ho avuto la fortuna di rivedere cari amici del mondo dello spettacolo e della cultura. Il tutto annaffiato da abbonanti libagioni (di pesce che non ingrassa). vino e dolcezze tipiche per non parlare del M. Fiorenzo Napoli che ci ha aperto il suo atelier di Pupi, ma questa è un’altra storia e si va su un pezzo del mio cuore rimasto in quell’atelier di tradizioni e arte.

Vi lascio alle foto che Ilaria Mibelli ha realizzato per l’occasione.

Ikebana di Lucio Farinelli
Ikebana di Luca Ramacciotti
Ikebana di Ilaria Mibelli
Ikebana di Silvia Pescetelli
Ikebana di Ilaria Mibelli
Ikebana di Lucio Farinelli
Ikebana di Silvia Pescetelli
Ikebana di Lucio Farinelli
Ikebana di Luca Ramacciotti

A presto cara terra amata.

Concentus Study Group

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Lo scorso anno il maestro Farinelli propose al nostro gruppo Sogetsu di ideare degli ikebana ispirati alle canzoni in gara all’Eurovision Son Contest che poi fu vinto proprio dall’Italia.

Quest’anno Lucio ha allargato il tiro scrivendo ai vari Study Group Europei della Sogetsu, in qualità di nazione ospitante della gara, proponendo di fare ikebana ispirati alla canzone o alla bandiera della propria nazione o in base alle preferenze.

Credo siano giochi di buon vicinato divertenti, ma in realtà sono o poco considerati (c’è chi ci ha risposto che non vede la trasmisisone o non ha un apparecchio televisivo) o visti alla stregua di un gioco di alleanze e visibilità.

Tutto ciò è davvero triste se consideriamo che si sta facendo un’attività artistica volta al proprio accrescimento spirituale e sapienziale, ma è anche vero che se per un libro che chiede ikebana creati ad hoc mandiamo già cose edite, anche da anni, si comprende come il percorso non lo si stia compiendo nella giusta maniera.

Per cui il plauso va a tutti coloro che si sono divertiti in questo contest perché ricordiamoci che l’arte è unione e condivisione. Chi non la pensa così potrà avere tutti i like del mondo (acquistati con varie tipologie di azione), ma in realtà il suo cammino è statico.

Che la gara abbia inizio e che vinca la nazione e la canzone migliore perché, mai come ora, c’è bisogno di arte, musica e amicizia nel mondo.

ITALIA

Lucio Farinelli
Luca Ramacciotti
Ilaria Mibelli
Jaana Pirhonen
Silvia Pescetelli
Neicla Campi
Elena Palade

DANIMARCA

Inger Tibler

ESTONIA

Jaana Pirhonen

FINLANDIA

Maija Puonnas
Riitta Hurme
Tuija Nyrönen
Lucio Farinelli

FRANCIA

Do-Quyen Phan
Hélène Bricotte

GEORGIA

Silvia Barucci

ISRAELE

Fiammetta Martegani

MONTENEGRO

Tatjana Feldberg

PAESI BASSI

Alie Praamstra

ROMANIA

Daniela Anca Turdean
Elena Palade

Buon festival a tutti e sabato festeggeremo il nuovo vincitore nel segno dell’amicizia vera, e non solo a parole, tra nazioni.

L’appuntamento è per il prossimo anno e, se non saremo ancora noi a vincere, sarebbe carino che il paese ospitante del 2023 organizzi questa mostra virtuale.

Sicuramente aver partecipato al nostro gioco porterà fortuna ai concorrenti 🙂 🙂 🙂

Concentus Study Group

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Prendo a prestito questa frase di Renato Guttuso per il titolo di questo post perché credo ben racchiuda il mio pensiero su questa isola meravigliosa.

Due mesi fa rilasciai a Elena Torre, per la pagina regionale del giornale Il Tirreno, una mia intervista sui libri che avevano caratterizzato la mia vita e tra essi citavo “Il Gattopardo” che credo sia il libro che ho riletto più volte in assoluto.

Sia il libro, sia la bellissima riduzione filmica di Visconti, per me hanno sempre esplorato la fisicità e la bellezza della Sicilia e dei suoi abitanti. Terra che, se fossimo un popolo più accorto, è una miniera da sfruttare maggiormente per paesaggi, artisticità e cultura a partire dai miei amati Pupi che dovrebbero essere tutelati dallo Stato come forma di arte teatrale e artigianato.

Ho visitato la Sicilia solo due volte e, nonostante il campanilismo di noi toscani e il mio amore per Roma, è una terra che adoro e che avrei voluto visitare più spesso.

Ci tornerò prossimamente grazie a questo evento voluto fortemente da Sicilying che ringrazio pubblicamente anche perché ci sarà il “dopo” mostra e ci hanno organizzato un pacchetto vacanze non solo perfetto, ma calcolato al millimetro sulle voglie del sottoscritto e degli altri componenti della truppa di sbarco: Lucio Farinelli, Ilaria Mibelli e Silvia Pescetelli.

Inoltre ci hanno messo in contatto con le due realtà che daranno il via concretamente al tutto a partire dalle spettacolari ceramiche pop realizzate da Magda Masano alla fornitura di materiale vegetale locale da parte di Intrecci di Fiori e d’Arte.

Come sempre la grafica Silvia Barucci ha saputo ideare e realizzare la locandina dell’evento in maniera suggestiva.

Per la prima volta in Sicilia si terrà una mostra della scuola Sogetsu con dimostrazione annessa e, per noi, è emozionante anche perché non ci aspettavamo così tanto entusiasmo da parte loro e siamo felici che ancora una volta sia il nostro gruppo ad aprire un nuovo capitolo in Italia soprattutto dopo gli ultimi due anni passati.

Concentus Study Group

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Credo non ci sia immagine più iconica del Bacio Perugina, un cioccolatino dalla forma particolare, imitatissimo ed amatissimo racchiuso nel caratteristico astuccio a tubo.

E quest’anno questo orgoglio dell’ingegno, dell’imprenditoria e della gastronomia italiana compie ben 100 anni. La presentazione e il confezionamento del bonbon sono opera di Federico Seneca, direttore artistico della Perugina negli anni venti, che, rielaborando la rappresentazione del quadro di Francesco Hayez Il bacio, creò la tipica scatola blu con l’immagine di due innamorati e fu sempre sua l’idea di inserire i cartigli contenenti le frasi d’amore che ancora oggi caratterizzano lo storico cioccolatino.

Il Bacio fu un’idea di Luisa Spagnoli. Si trattava di impastare, con altro cioccolato, i frammenti di nocciola che venivano gettati durante la lavorazione dei dolciumi. Ne venne fuori uno strano cioccolatino dalla forma irregolare, che ricordava l’immagine di un pugno chiuso, dove la nocca più sporgente era rappresentata da una nocciola intera. Fu chiamato per questo “Cazzotto”.

Giovanni Buitoni, contemporaneamente amministratore delegato della Perugina e presidente della Buitoni, non convinto che fosse una buona idea proporre dei cioccolatini da regalare denominati “cazzotto”, volle ribattezzarli con un nome più adatto. Nacque così il “Bacio” Perugina. I primi cartigli apparvero negli anni trenta, anche se Federico Seneca, l’allora direttore artistico dell’azienda, non li ritenne inizialmente romantici come quelli che conosciamo oggi.

Una versione che ha il sapore della leggenda ci racconta che Luisa avesse l’abitudine di scrivere brevi messaggi al suo amante Giovanni Buitoni, avvolgendoli attorno ai cioccolatini che poi gli mandava perché li controllasse. Pare che Federico Seneca ispirandosi alla suddetta inconfessata storia d’amore volle legare per sempre questo dolce pensiero al cioccolatino. Così oggi tra il cioccolatino e l’incarto argentato troviamo ancora un messaggio scritto in varie lingue.

Negli anni ci sono state varie versioni del celebre Bacio con edizioni limited come quella al cioccolato bianco e nocciole o al cioccolato Ruby e, per festeggiare questo importante compleanno, la Perugina ha chiamato in campo gli stilisti Dolce e Gabbana per il packaging e ha varato anche due nuove versioni per l’occasione: cioccolato bianco e cristalli di limone e quelli invece con cristalli di lampone.

Essendo da sempre diciamo un appassionato di cioccolato e anche un poco romantico non potevo lasciar passare inosservato questo anniversario per cui ho chiesto al gruppo dei maestri di realizzare degli ikebana ispirati a questa bandiera dolciaria del nostro paese.

Questo ha comportato il di dover acquistare e consumare le varie versioni del celebre cioccoltino, ma questi sono sono sacrifici che facciamo volentieri per l’ikebana.

Ringrazio le maestre che hanno potuto partecipare e l’ingegno che hanno messo nei loro elaborati.

Ikebana e foto di Luca Ramacciotti
Ikebana e foto di Lucio Farinelli
Ikebana e foto di Silvia Barucci
Ikebana e foto di Ilaria Mibelli
Ikebana e foto di Daniela Anca Turdean
Ikebana e video di Daniela Anca Turdean
Ikebana e foto di Rumiana Uzunova
Ikebana e foto di Silvia Pescetelli

Concentus Study Group

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