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Luca Ramacciotti – Sogetsu Concentus Study Group

www.sogetsu.it

Monthly Archives: agosto 2013

Camera Obscura

Torno di nuovo su questo tema dopo post precedenti (L’importanza di una foto Trucchi fotografici L’occhio del fotografo) perché credo sia davvero importante saper rendere al meglio il nostro lavoro.

Premettendo che nessuno chiede ad una persona che non è un fotografo professionista di realizzare magnifiche opere come fa Ben Huybrechts (gli amici belgi son davvero fortunati ad aver lui nella loro squadra), c’è un abisso però tra fare una bella foto ed una che…

Partiamo dal principio. In fotografia non esiste l’essere sfortunato (so inquadrare, ma al momento che scatto la foto viene male) o quello che fa solo foto per archivio personale (quindi perché è destinata ad un uso privato dovremo avere l’ikebana storto o mezzo fuori dall’inquadratura?). Per fare una buona foto esistono poche regole basilari che qualsiasi manuale vi può insegnare.

Per fotografare un ikebana prima di tutto dovremo scegliere un uogo isolato affinchè non si vedano mobili, posaceneri, centrini, fotografie (sembrerebbe un’omaggio al caro estinto), sedie o vestiti; l’unico soggetto bene visibile deve essere l’ikebana, qualsiasi altro elemento distrae l’occhio. Sinceramente ho difficoltà a volte a guardare ikebana della Chiko School perchè ad essi abbina statuine di varia tipologia per cui per me quelle divengono il punto focale della mia attenzione.

Dietro al nostro ikebana oltre alle cose sopracitate non ci devono essere nemmeno altre piante, mura dai colori psichedelici o vetrate che riflettono. Personalmente (e non sono un fotografo) per fare una foto guardabile impiego circa un’ora di tempo.

Oggi grazie alle macchinette fotografiche digitali abbiamo la possibilità subito di constatare il  risultato e quindi di verificare se abbiamo fatto una buona foto. Guardiamola e chiediamoci: come un estraneo vedrebbe il mio lavoro? Smartphone, tablet e compagnia bella potranno pure avere fantastilioni di pixel, ma non daranno MAI il risultato di una foto anche perché non danno quel senso di prospettiva e profondità di campo di qualsiasi macchinetta digitale buona… e per buona si intende davvero a buon mercato dato che ormai i prezzi scendono rispetto alla resa tecnica che sale.

Per i miei primi ikebana ho sempre usato una compatta e devo dire che alcune foto son superiori ad altre fatte in seguito con la reflex. Ho avuto la fortuna di incontrare due fotografi come Roberto Ruager e Lorenzo Palombini che con i loro commenti, giustamente, impietosi mi hanno insegnato a fare foto abbastanza buone. A mettere teli monocolori dietro all’ikebana se non abbiamo una parete bianca adatta all’uso oppure a ricorrere ai cartoni bristol (una buona cartoleria ne ha di tutti i colori e formati).

© Lorenzo Palombini

Lorenzo Palombini) Per questa foto sono stati usati due cartoni bristol: nero pr la base e bianco per lo sfondo. Lorenzo ha usato anche due proiettori professionali, ma vi garantisco che poi era tutto materiale (specchietti riflettenti, rotolini assorbi luce etc) da lui realizzato. E Roberto Ruager mi ha insegnato ad utilizzare normali lampadine (ottime quelle di Ikea montate su pinze) per fare buoni giochi luce.

Come si vede da questa foto l’ikebana ha un’inquadratura fronatele per cui: non si fotografa dall’alto, nemmeno da basso, non di lato, gli elementi son tutti dentro l’inquadratura e vi è una simmetrica distanza tra il soggetto e i lati della foto (considerando che il “sopra” dell’ikebana è sempre meglio con un poco di spazio per non dare l’idea che venga soffocato da una chiusura netta). Il bordo del suiban o dello tsubo devle essere all’altezza dei nostri occhi per cui se non disponiamo di mobili alti, forza e coraggio ci si abbassa noi.

Se per caso la nostra mano, per qualsiasi motivo, non è salda, è stato inventato un utile strumento denominato cavalletto. Ci sono di tutte le misure e forme (e costi) oppure dovremo arrangiare un piano di appoggio per la nostra macchina fotografica.

Dato che sono passati un po’ di anni dalla litografia riportata ad inizio articolo e che oggi una foto messa su un qualsiasi social network fa istantaneamente il giro del mondo… pensiamoci. Non dobbiamo avere furia, l’ikebana è un’arte “lenta” ed anche la foto ad essa relativa deve seguire questi ritmi. Non dobbiamo fare foto dove un elemento sembri giantesco rispetto ad un altro o dove il tutto sembri lunghissimo (fotografando dal basso) o schiacciato (fotografando dall’alto). Alle mie allieve insisto molto su questo punto. Chiedo loro di mandarmi foto degli ikebana che eseguono a casa per dar loro consigli (qualora sia necessario), se la foto non è buona, mi rifiuto di fare la correzione. E’ inutile che io sprechi tempo per una foto, magari, scattata dall’alto per poi sentirmi dire che le inclinazioni erano giuste è la foto che non rende. Se sanno ridisegnare un ikebana sono felice per loro e la loro bravura, ma oggi si vive in un mondo di foto e come tale ci si deve adeguare. Social network come flickr o instagram sono vetrine fotografiche, il primo riservato a qualsiasi tipologia di fotografo, il secondo a chi ha questa applicazione che gira su Apple e Android. E qui spesso ahimè si vedono foto orrende perché fatte con smartphone o tablet quando basterebbe farle con la macchina fotografica (se son foto di un certo tipo se invece è la colazione appena fatta va bene anche da cellulare) e poi scaricarle su tablet o smartphone.

Oggi siamo tutti fotografi, ma cerchiamo di esserlo con un minimo di intelligenza per ciò che concerne l’ikebana. Nessuno pretende che si scattino foto ai fiori come quelle di Mapplethorpe, ma nemmeno umiliare il nostro ikebana inquadrandolo come capita o con dietro il ritratto di zia Clotilde.

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(Geranio)

In questi giorni di alta canicola il mio pensiero correva costantemente all’ikebana cercandovi qualcosa di fresco. Non volevo fare un floating o una composizione come quella ideata lo scorso anno (Quel che resta dell’estate), ma non riuscivo a centrare la mia idea complice anche una stanchezza (piacevole in questo caso) dovuta alla mole di lavoro teatrale in corso. Ieri passeggiando in bicicletta la mia attenzione viene destata da una pianta fiorita che vedo scendere dal muro di una villa. Mi fermo a guardarla, ma non a tagliare perché non amo sciupare del materiale vegetale per cui se non ho un’idea ben chiara in mente non compero fiori nè tantomeno vado a tagliarli.

Stamani la prima cosa che vedo aprendo la finestra di camera mia è un sasso che avevo preso lo scorso anno dal mare di Quercianella e mi rammarico di non averlo mai usato. Sono sicurissimo che con i fiori celesti visti ieri farebbe un bel contrasto soprattutto aggiungendovi una foglia….. ma un sasso con sopra un fiore darebbe l’idea di arido, non quello che invece vorrei fare io… qualcosa che tempri dalla calura estiva….

Memore che in estate i contenitori di vetro danno immediatamente un senso di freschezza prendo il piatto di vetro da me utilizzato in più occasioni proprio a questo scopo… ma come abbinare fiori, sasso e piatto?

L’idea non nasce e, dato il giorno di riposo decido di recarmi al mare. Dove fa caldo, molto caldo per cui me ne vado in riva al mare a fare un doccia. Mentre l’acqua cade su di me mi compare una visione (forse l’acqua fredda mi ha schiarito le idee) per cui tornando a casa mi fermo a prendere un fiore (scelgo quello adatto inutile prenderne più di uno) e nel giardino del palazzo condominiale costruisco quello che per me potrebbe dare un’idea i frescura complice l’acqua con cui bagno abbondantemente sia il piatto di vetro sia il sasso e l’ombra al di là della composizione.

Sono strani i percorsi che fa la mente (soprattutto la mia), ma ora so di aver realizzato pienamente quello che avevo nel cuore di fare.

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