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22/11/21 Non vi è arte là dove non vi è stile
Per titolo ho utilizzato una frase di Oscar Wilde che perfettamente racchiude tutta la concezione che io ho del mondo dell’arte in senso generale (ovvero dalla pittura al teatro, alle arti performative… all’ikebana).
Per stile, non so Wilde, intendo che l’arte deve esprimere eleganza, magari anche essere brutale, ma sempre veicolando una sensazione, un’emozione. Non deve essere fine a se stessa o per soddisfare l’ego di chi la crea. In questo ultimo caso non si crea un vero impatto universale, è uno sbrodolarsi addosso. Ovviamente è importantissimo lo stile e l’idea dell’artista, ma non deve prevalere sul risultato finale.
Questo concetto è molto importante e, infatti, cerco sempre di applicarlo sul lavoro (mettendomi nei panni del pubblico per comprendere cosa una messa in scena potrebbe comunicare loro) sia nell’ikebana perché il mio scopo è mettere in risalto la natura e non il mio essere. Sarà che entrambi questi lavori li porta avanti con passione e felicità e non per mostrarmi agli altri, anzi il mio è proprio un lavoro in quinta per quello.
Tutto questo per arrivare al vero protagonista di questo blog perché ogni volta che vedo una sua opera resto sinceramente ammirato tanto è vero che già gli avevo dedicato uno spazio precedente. Il suo stile è inconfondibile, ma ti sperdi nei suoi lavori, loro parlano del suo sentire senza che la sua personalità risulti più forte dell’immagine che crea.
Sto parlando del fotografo Vincenzo Salemme che è mooooolto restio nel parlare di sè o a divulgare le sue opere (fece degli scatti per la scorsa Pasqua che io avrei voluto pubblicare ovunque tanto erano potenti e suggestivi, ma non fu possibile) e per questo lo ringrazio maggiormente per aver accettato questo secondo post e che quando vuole qui ci sarà sempre spazio per lui perché credo che le sue opere d’arte possono benissimo essere un’ispirazione per tutti noi.
Inoltre (e quindi doppio grazie) oggi ho imparato una nuova cosa ovvero il concetto di Fine Art che è alla base dei suoi lavori. Questo termine può essere tradotto come Fotografia d’Arte. Il che implica che uno debba immaginare e concepire il lavoro come se fosse già stampato, incorniciato e appeso in una galleria d’arte. Arte per il gusto dell’arte era il motto della corrente Estetista in cui il prodotto artistico era visto come la rappresentazione di se stesso per il gusto di essere ammirato. La Fine Art quindi si può applicare a ogni genere dal ritratto, al macro, al paesaggio, all’architettura; l’importante è che rifletta il totale gusto e fantasia del fotografo che non è finalizzato a creare opere per depliant o cataloghi o per clienti etc. Attraverso la post produzione, l’aggiunta di effetti e/o cromatismi la fotografia viene quasi “stravolta” dalla sua visione.
Per me il senso estetico è sempre stata una dominante nel mio lavoro (vabbè diciamo che mi comanda un po’ su tutto) tanto da amare molto la corrente estetista fino a portare Gabriele D’Annunzio come autore scelto alla maturità. Una corrente spesso fraintesa o banalizzata, ma molto più complessa di quello che potrebbe apparire a una prima visione.
Vincenzo ama la bellezza in tutte le sue forme, ed è sempre alla ricerca di uno scatto che gli faccia percepire delle belle sensazioni. Molte volte gli capita di immaginare e visualizzare lo scatto finito già prima di effettuarlo e di avere la fortuna di questa percezione. Ormai la foto oggi è una delle sue passioni principali. L’affascina la Fine Art, ha avuto la fortuna di incontrare grandi persone in questo settore e tutt’oggi studia e si documenta su questo stile. Perché l’arte senza studio e tecnica non esiste o almeno non la vera arte.
La Natura















Natura morta (idea per un morimono?)

Ritratti e Natura


Ritratti











Vincenzo Salemme

Ringrazio davvero molto Vincenzo per la sua arte, per avermi concesso la pubblicazione dei suoi lavori che spero possano essere di ispirazione per coloro che esercitano l’arte dell’ikebana o anche altre arti legate alla natura.
Inoltre più lo rileggo i concetti sopra espressi e maggiormente mi accorgo di quanto la Fine Art sia vicina a molte idee della scuola Sogetsu.
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14/11/21 IT
Come tutti gli anni da metà ottobre ai primi di novembre è un fiorire online di orrendi ikebana inneggianti ad Halloween.
Nel corso di studio della scuola Sogetsu si parla di ikebana per celebrazioni già al termine del I livello (Anno Nuovo, 3 Marzo, 5 Maggio, Tanabata, Crisantemo) e al V livello (Nascita, Primo giorno di scuola, Diplomi, Compleanni, Matrimoni, Inaugurazione di negozi, Natale etc.). Quindi effettivamente possiamo ideare ikebana per qualsiai momento e festa e questa è la bellezza dell’ampio ventaglio di scelte Che la scuola Sogetsu permette ai suoi membri.
Feste che portano gioia e allegria e io stesso con il mio gruppo fummo i primi a ideare degli ikebana ispirati al Carnevale (cosa che ebbe molto successo e fu ripresa da altri ikebanisti) per cui ci può stare benissimo questa festa che, come ricordiamo sia noi sia wikipedia, è una sorta di carnevale americano.
Perché allora sono contrario agli ikebana per festeggiare Halloween? Perché i social si riempiono di ikebana con strutture a tela di ragno, croci, zucche intagliate o con il cappellino o sbucciate… insomma il trionfo del cattivo gusto e del kitsch.
Se davvero vogliamo ideare degli ikebana per questa festa perché non fare qualcosa fuori dagli schemi, ma con gusto e non solo per un facile effettaccio?
Partiamo dalla base folcloristica e dal fatto che si festeggia in tutto il mondo. Potremmo fare ikebana che sono ispirati alla Santa Muerte, alle tradizioni celtiche, a quelle italiane che variano da ogni regione oppure…. sfruttiamo la lezione del IV livello Specific Scenes, Occasion and Spaces.
Mi spiego meglio, ma prima permettetemi una digressione così capirete anche il titolo di questo post.
Avevo 17 anni e l’estate lavoravo in un bar pasticceria di Forte dei Marmi; ogni giorno alle 7 del mattino salivo sull’autobus che mi avrebbe portato da Lido di Camaiore fino al luogo del lavoro. Sapevo chi fosse Stephen King da buon appassionato di horror, ma non avevo mai letto un suo libro.
Perché quindi non iniziare da uno di 1216 pagine invece che da uno più piccolo? (Lo so sono sempre stato a rovescio di tutti 🙂 )
In realtà la mia attenzione si era fissata sull’immagine di copertina di allora. Una barchetta di carta che stava scivolando verso un tombino da cui spuntavano degli artigli. Semplice, chiara e lineare.
Ogni giorno salivo sul bus e attaccavo a leggere il romanzo fino a destinazione e idem la sera, stanco e insonnolito, nella direzione opposta. Non riuscivo a staccarmi da quelle pagine. L’adolescenza con i suoi turbamenti, il bullismo, le speranze, i primi amori. L’età adulta coi fallimenti, le frustrazioni, i rimpianti, una vita a volte di successo, ma sempre con un gusto amaro in bocca. E sullo sfondo la figura di Pennywise la summa di tutto ciò che ci può essere di inquietante nella figura di un pagliaccio.
Soprattutto uno dei finali più belli che abbia mai letto in un romanzo, perfetto, commovente, liberatorio. Lo consiglio a tutti, anche a coloro che non amano l’horror perché definire IT così semplicemente sarebbe come dire che l’Odissea parla di un viaggio.
E qui ritorniamo ai nostri ikebana di Halloween perché IT ha avuto due trasposizioni filmiche. La prima una serie tv (tiepidina con un finale fatto coi piedi di cui si ricorda solo la straordinaria presenza di Tim Curry) del 1990 e il film in due parti (2017 – 2019) che, pur tradendo la trama più volte (a partire dall’ambientazione temporale), è quella che, a mio avviso, maggiormente rispetta le atmosfere del libro e soprattutto ha reso iconica la maschera da pagliaccio di Pennywise.
Ok ora arriviamo all’ikebana, un attimo di pazienza.
Ho la fortuna di conoscere il bravissimo fotografo Luigi Matino che per Halloween sul suo profilo Instagram ha pubblicato dei suoi autoritratti ispirati proprio a IT con due tratti iconici ovvero il trucco del film e i palloncini rossi che, credetemi, sono davvero un leitmotif angosciante del romanzo. Un terzetto di foto tanto belle quanto inquietanti di cui ne scelgo una.
Questa.
Vedendola mi è venuto in mente che quella fotografia davvero poteva essere la giusta ispirazione per un ikebana di Halloween. Una notte in cui i morti possono tornare in questo piano astrale, dove in America i ragazzini (e gli adulti) girano vestiti da mostri, scheletri e stregoni (pensiamo a ciò che accade a New Orleans in quei giorni) e che ha ispirato molti racconti e film horror. Quindi perché invece di zucche, crocefissi e ragnatele messe a casaccio non sfruttare il tema del IV anno di cui parlavo prima?
Quindi ho chiesto al buon Luigi di poter avere la sua bellissima foto in formato alta definizione per poterla stampare e ho iniziato a pensare a un ikebana da realizzare abbinato e ispirato a essa.
I colori erano il blu della tuta, il nero a destra e ovviamente il rosso e il bianco.
Per primo sono partito da un vaso da me realizzato che è smaltato a metà di blu e di nero. Ci voleva qualcosa che ricordasse i palloncini, ma non volevo un fiore tondo rosso. Nel nostro lavoro dobbiamo realizzare qualcosa che combaci con la fotografia (il ritratto, la scultura, un qualcosa di astratto o geometrico) che abbiamo vicino o alle spalle, ma non una copia (o almeno non necessariamente perché si tende al banale) di forme e colori. Quindi potevano essere dei fiori bianchi a dare la forma del palloncino. E il rosso? Il problema è che il colore rosso è molto difficile, almeno per me, da rendere in foto soprattutto i fiori tendono a “sparare” molto. Inoltre lo confesso pensavo ai palloncini quando nel romanzo scoppiano o altre scene (ho avuto il terrore del lavandino per giorni fidatevi!) in cui il sangue esplode ovunque e cercavo di rendere quell’idea. Ecco all’improvviso la folgorazione sulla strada di Damasco. Per non fare qualcosa di splatter (insomma l’ikebana deve pur esprimere sempre armonia e bellezza!) o di inquietante più del dovuto avrei utilizzato i wooden stripes.
E lo sfondo? Volevo qualcosa che con i colori si ricollegasse al tutto senza aggiungere ulteriore inquietudine.
Ecco il risultato.

Ringrazio davvero Luigi Matino per la sua bravura, gentilezza e disponibilità e, sicuramente, la nostra collaborazione non terminerà qui anche per potervi mostrare le bellissime fotografie che realizza e che non sono, ovviamente, solo di questo genere.
Vi aspetto per il prossimo Halloween con qualcosa del genere. Lasciamo le zucche e i ragni per altre cose ve ne prego.
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