Monthly Archives: febbraio 2021
28/02/21 Only One Kind of Material
Ieri a una nuova allieva di ikebana spiegavo come è suddiviso il percorso di studio della Scuola Sogetsu mostrando anche ciò che stavano realizzando le altre allieve dei livelli più avanzati.
Più studio il percorso della mia scuola e maggiormente noto sfumature e sottigliezze.
Al IV livello ci sono una serie di lezioni (With Flowers Only, With Leaves Only, With Branches Only) che puntano l’accento sull’osservazione del particolare per conferire alla nostra composizione ritmo, colore e movimento.
Queste lezioni sono propedeutiche per quella denominata Only One Kind of Material che ieri abbiamo affrontato a lezione con la maestra Anne Justo e l’allieva Silvia Pescetelli.
Quindi dato che questo tema viene insegnato dopo queste tre è naturale pensare che il materiale non ricordi altre tipologie di lezioni o che, tendenzialmente, va a creare una summa delle tre lezioni precedenti. Ovviamente non è una regola, ma, per me un modo corretto di inquadrare il tema.
Quello che amo del percorso della Sogetsu è come, mettendo assieme il primi due livelli base e, i vari temi proposti a III e IV livello si abbia una possibilità infinita di espressività pur seguendo le regole.
Mi spiego meglio. Only One Kind of Material prevede che si utilizzi un solo tipo di materiale senza nemmeno mescolarlo ad altre varietà o colori della stessa specie. Quindi se sceglierò i crisantemi, per essere chiari, ne sceglierò una sola tipologia e colore.
Noi dovremo andare a mettere in risalto la peculirità di quel materiale, la forma, il colore, l’andamento senza però snaturarlo. Per cui non sarà nè secco o colorato né smontato e rimontato o troppo lavorato. Deve avere un impatto naturalistico.
In caso contrario avremo svolto un altro tema rispetto a questo che serve proprio ad affinare il proprio sguardo, capire il bilanciamento del materiale e come uno solo possa, in realtà, avere molte sfumature o forme di cui magari non ci potremmo accorgere ad un primo sguardo superficiale.
E’ un tema che io amo molto tanto che a casa mi ero esercitato utilizzando la camelia. Una camelia non perfettissima, perché i molti sbilanciamenti climatici di questo periodo tra caldo e improvvise gelate, un poco hanno danneggiato i raccolti, ma che, proprio sfruttandone queste problematiche, mi ha permesso di poter mettere in risalto il tutto (lasciando anche alcune foglie in parte gialle, ma non rovinate).
Vi lascio ora alla nostra proposta del tema.





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25/02/21 “Ikebana without Water”
“Ikebana without Water” è il tema della nuova mostra organizzata dall’Headquarter per fronteggiare il prolungarsi dell’emergenza sanitaria. Per ovvi motivi organizzativi e di costo, la mostra è riservata solo a coloro che abitano in Giappone e prevede l’invio di un’opera che possa essere riassemblata nella hall espositiva della scuola Tokyo.
Qui è possibile vedere il video pubblicato dalla scuola sulla loro pagina Facebook e a questa pagina invece l’idea base della mostra.
Spesso per noi occidentali è difficile da comprendere come un’arte floreale, come quella appunto dell’ikebana, possa divenire qualcosa di diverso, più materico, senza elementi vegetali freschi.
Probabilmente avendo avuto una storia dell’arte e uno sviluppo diverso da quello giapponese diamo quasi “per scontato” certi meccanismi e troviamo difficile comprendere questo gap.
Credo, sinceramente, che il problema maggiore sia, attraverso queste installazioni, trasmettere emozioni.
Il fatto è che per realizzare queste opere si deve essere davvero artisti, avere un background notevole perché non basta mettere dei pezzi di ghiaccio nella neve per creare un’opera d’arte; si deve riuscire innanzitutto a ideare una forma che ricordi i principi dell’ikebana e che non ci faccia pensare a elementi messi a casaccio con la scusa che stiamo facendo qualcosa fuori dagli schemi. Questo genere di cose possono piacere solo a chi non frequenta davvero il mondo dell’arte. Il nostro lavoro deve essere prima di tutto esteticamente interessante e di forte impatto emotivo e di ritmo sia per forma sia per colori.
Un’opera d’arte vera non ha bisogno di spiegazioni perché parla da sola, non deve far vedere la personalità (se si nota allora qualcosa è stato sbagliato nel processo creativo) di chi la esegue perché ha un suo percorso proprio una volta che l’artista l’ha conclusa.
L’idea è divenuta forma e vive autonomamente.
Se ti chiedono cosa sia e tu la devi giustificare hai fallito il tuo lavoro.
Pensiamo all’opera “Chicken” di Sofu Teshigahara.
E’ innegabile che la forma, il bilanciamento, l’asimmetria, i pieni ei vuoti siano tutti concetti che, qui presenti, rimandino all’arte dell’ikebana.
Se osserviamo sempre di Sofu l’opera “Orochi” vedremo come tutto è ben connaturato con ciò che gli sta attorno. E’ quasi naturale che lì, in mezzo ad una natura spoglia, vicino all’acqua ci sia quel tronco colorato in maniera vivacissima e molto Pop. Non è qualcosa che ci parla di Sofu, ma si lascia ammirare.
In questa mostra ci sono delle opere bellissime per cui vi consiglio di cercare le varie fotografie e filmati online, io ne pubblico qui tree perché ho avuto direttamente dagli artisti il permesso di farlo e saranno citati in stretto ordine alfabetico.


Come si vede sono tre opere completamente differenti tra di loro
Si va da una struttura molto “leggera” a due lavori che mi hanno rammentato la Pop Art (da qui l’immagine di copertina), ma è anche innegabile che seguono tutti i concetti del mondo dell’ikebana Sogetsu dalla forma, al movimento, all’asimmetria, ai pieni e vuoti, il ritmo del colore e ciò che nel 2021 può essere un ikebana creativo.
Se io non avessi messo il nome degli autori o non ne conoscessi lo stile le opere qui esposte avrebbero parlato da sole perché hanno una propria vita, un loro significato e si intuisce una manualità vera. Si comprende che dietro ci sono studi, riflessioni, concetti. Nulla è lasciato al caso.
Dal creare una struttura dove la luce passa attraverso creando un gioco di forme e prfondità a colororare ogni singola noce (e non di un solo colore!) all’utilizzo di Ultraman (ricordate quale era la sua durata di volo?)
Vorrei che osservaste, in queste le opere, il rimando dei colori tra di loro oppure, come nel primo caso, il gioco di forme, l’abbinamento, l’energia che questi lavori esprimono, la creatività e l’impatto emotivo che trasmettono.
Ringrazio Arai san Otani san e Ozono san per avermi concesso l’utilizzo di queste due foto e le emozioni che costantemente ci donano con il loro lavoro.
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21/02/21 Olè!
Il maestro Lucio Farinelli oggi ha tenuto una dimostrazione di ikebana via Teams per conto della sua azienda di lavoro che si chiama Indra e la cui sede principale è a Madrid. Tale azienda ha chiesto ai vari dipendenti di presentare delle attività culturali da proporre nel programma denominato “Core Teams”. Vedendo il materiale video e curriculare del maestro Farinelli subito gli è stato chiesto di allestire una dimostrazione online come presentazione dell’Indra Ikebana Club da lui gestito.
Il maestro Farinelli ha tenuto la dimostrazione sia in italiano sia in inglese per le persone collegte sia dall’Italia sia dalla Spagna ed altri paesi dato che l’Azienda ha filiali in tutto il mondo.
Dopo un’attenta pianificazione di temi, vasi e materiale vegetale da proporre per delineare, a grandi tappe, il percorso della scuola Sogetsu oggi è arrivato il gran giorno. Il maestro Farinelli aveva deciso di puntare sulla stagionalità e la bellezza della natura perché è sempre più difficile realizzare (soprattutto facendo una dimostrazione a rovescio come in questo caso) composizioni naturalistiche che qualcosa strano (o fuori dagli schemi che dir si voglia) perché in qualsiasi maniera potremo sempre appellarci che volevamo realizzare qualcosa di strano e storto…

Quindi ha iniziato con un Nageire per poi toccare temi quali il Ka-bu-wa-ke, Colors in the Same Tonal Range, Colors in Contrast, e You in ikebana.

Il sottoscritto aveva il compito di portare al dimostrante i vasi e il materiale vegetale nel giusto ordine e sistemare poi gli ikebana realizzati per fotografarli.



Ringraziamo Silvia Barucci che ha scattato le foto allo schermo del pc e le altre persone del gruppo che hanno potuto seguire la dimostrazione.
Moltissimi i ringraziamenti internazionali al termine della dimostrazione.
Ora lascio la parola alle composizioni realizzate da Lucio.
Ma prima una piccola nota sulle fotografie.
Come scritto nel precedente post noi stiamo organizzando un ciclo di tre conferenze proprio sulla fotografia con il bravissimo professionista Andrea Lippi. Credo sia sempre importante rivolgersi ai professionisti per imparare e migliorarsi. Quel poco che so di fotografia lo devo a fotografi quali Lorenzo Palombini, Giuseppe Cesareo, Lorenzo Montanelli o Rinaldo Serra. Tutti fotografi provenienti da diverse realtà per cui ogni loro punto di vista è stato un importante insegnamento per il sottoscritto e li ringrazierò a vita. La mia maggiore difficoltà durante lo scatto di una foto è, per me, la luce. Avendo una matrice teatrale spesso mi accorgo che do un significato alla luce molto particolare. Solo di lato (controluce) o che so una pioggia spiovente dall’alto per me è qualcosa che crea una sensazione di freddezza, di “pericolo” o nel secondo caso qualcosa legato alla morte, all’aldià. Una luce bianca se frontale può illuminare, sottolineare ciò che illumina, dall’alto come dicevo prima invece farebbe delle ombre a terra dando appunto l’idea di qualcosa non naturale perché noi viviamo o nella luce o nell’ombra, ma in situazioni così non naturalistiche. Infatti in teatro solitamente l’occhio di bue dall’alto è utilizzato per una morte, un scena di dolore, qualcosa che porta all’al di là e di solito si usa prima dello spengimento totale della scena o la chiusura del sipario. Come una luce dal basso ci ricorda la luce dagli inferi (la luce naturalmente cade dall’alto), il verde è straniante, il rosso dà pericolo, il blu è notturno etc. Quindi per me è molto importante la direzione della luce, i colori, gli sfondi etc.
Ma torniamo agli ikebana realizzati dal maestro Farinelli che propongo subito.





Facciamo i complimenti al maestro Farinelli che in un’ora esatta è riuscito ad illustrare il percorso della scuola Sogetsu.
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19/02/21 Incontri
Parliamo sempre dell’ikebana come la via dei fiori (Kadō) ed è vero perché in questo meraviglioso cammino che sto compiendo insieme a molti amici ci sono molte strade che partendo da altri punti vanno ad intersecarsi con il mio percorso delineando una gegrafia naturale meravigliosa. Una serie di cerchi concentrici nell’acqua, di scatole cinesi, di percorsi che tra la natura porteranno a chissà ancora quali meraviglie. Non ho mai amato rinchiudermi in piccoli club privati proprio perché solo la condivisione e l’esperienza multidisciplinare è crescita vera.
In un anno brutto come quello passato, e ahimè ancora la situazione non è rosea, aver potuto portare avanti (anche magari online) l’ikebana è stato un evento che non mi sarei mai aspettato. C’è stata da parte di tutti la voglia non di intristirsi o pensare a chissà quali complotti, ma di sfruttare al meglio l’impasse che il mondo ci stava dando. Sono lieto di questo atteggiamento, non solo del nostro gruppo di lavoro, ma di molti colleghi del mondo dell’ikebana perché ci ha permesso non solo di progredire sulla conoscenza del cammino, ma anche di approfondire con gioia la nostra conoscenza creando stretti legami.
Due sere fa Paolo Linetti ha avuto la gentilezza di offrirmi uno spazio, con il patrocinio del Consolato Generale del Giappone a Milano, per parlare proprio di ikebana e come io l’ho iniziata e vissuta e ringrazio le persone intervenute (per chi se la fosse persa può rivederla qui), il vulcanico Carlo Scafuri (che da anni porta avanti con grande impegno un discorso di diffusione seria della cultura giapponese) continua a “sopportare” le mie incursioni nel suo portale Takumi e tra poco inizierà una nuova serie di conferenze online con il fotografo Andrea Lippi di cui riporto sotto la copertina della prima realizzata da Silvia Barucci che sfrutto sempre in queste occasioni ^_^

Per noi ikebanisti è importante la fotografia non solo pensata meramente alla parte pratica (ovvero scattare una foto al nostro lavoro), ma perché ci dà concezioni di derivazione pittorica, ci aiuta a capire come osservare la natura circostante, quali sono i pattern visivi e perché colpiscono il nostro immaginario. Cosa ci trasmette una fotografia in bn rispetto a una a colori. Sono arricchimenti culturali che potremo poi sviiluppare nella nostra concezione di ikebana. Anche perché sorprendentemente molte “regole” della fotografia sono comuni a quelle dell’ikebana.
E a proposito di fotografia ringrazio la nostra allieva Giusi Borghini perché non solo mi ha regalto lo stupendo libro fotografico editato da suo marito (Angelo Paionni), ma mi ha permesso qui di pubblicare alcune foto e un suo intervento. Mi ha molto colpito l’omaggio a Felice Beato che mi sono accorto che spesso, purtroppo, in Italia non ne serbiamo memoria come invece meriterebbe. Ringrazio entrambi e cedo la parola.
GIAPPONE – Immagini della memoria
… un viaggio indietro nel tempo…
Attraverso queste immagini ho voluto rappresentare il Giappone di un tempo.
Il radicale bianco e nero, l’antica tecnica di stampa ai sali d’argento e le riprese di scorci e luoghi che rispecchiano il passato, rivelano la bellezza riposante e stimolante del mondo che rappresentano.
Angelo Paionni




Riporto qui il commento ad una sua mostra.
Angelo Paionni presenta in esclusiva per VersOriente una delle sue esposizioni di maggior successo, già patrocinata dalla Japan Foundation. L’intenso percorso fotografico è il risultato di un viaggio realizzato nel 2000, con cui l’artista ha svelato all’occhio occidentale il Giappone di un tempo. Il radicale bianco e nero e le tecniche con cui sono state stampate le immagini che ripercorrono scorci del passato, immersi nella frenesia del mondo moderno, sembrano contrastare volutamente con i dettami della tecnologia digitale: in questo modo sono state riportare in auge quelle sofisticate applicazioni, di tecnica, di attesa, di abilità artistica, un tempo riservate ai soli fotografi professionisti e che oggi, con la rivoluzione avviata dalla tecnologia digitale, sono accessibili praticamente a tutti. Stampando le immagini su carta per acquarelli, con un’emulsione di gelatina ai sali d’argento, nel rispetto delle regole tramandate dagli antichi maestri di fotografia, Paionni immortala scorci inaspettatamente tradizionali, in un paese noto a tutti per la sua sfrenata modernità, in cui tecnologia e tradizione convivono in un insieme a volte caotico, a volte violentemente sorprendente.
Il viaggio indietro di Paionni è una negazione del tempo, anzi una rappresentazione sublimata di esso. Un viaggio che si svela un atto d’amore, sereno e compiuto, verso una sua concezione acquisita, squisitamente poetica, dei segni formali, esteriori, di una nazione che ha scelto di rendersi profondamente moderna, ma che mantiene ancora intatta la sua tradizione, seppur inizialmente nascosta all’occhio di un visitatore rapito dall‘odissea estemporanea delle metropoli d‘oggi. Una mostra che percorre dettagli e visioni d’insieme, immagini oniriche e nostalgiche, immagini, appunto, della memoria. C’è una pittura orientale chiamata “Sumie” che si esegue in bianco e nero con l’inchiostro di china e il pennello. Nelle immagini colte da Angelo Paionni mi sembra vi sia qualcosa di simile a questo “Sumie” forse perché oggetti e scene scelti dal fotografo sono “tipici” del Giappone, anche se la linea chiara e la composizione definita sono quelle di un interprete occidentale. Ma l’intenzione artistica e penetrante dell’autore fa sì che i soggetti siano di una bellezza riposante e insieme stimolante del mondo che rappresentano e inducono all’ammirazione e alla comprensione sia l’osservatore orientale che quello occidentale.” Yuriko Kurose
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14/02/21 Tutte le cose belle prima o poi (non) finiscono
“Tutte le cose belle” era il titolo dell’ultima puntata della stagione finale di Star Trek TNG e alla fine del doppio episodio il Capitano Picard sosteneva che: “Tutte le cose belle finiscono”. Ed è vero, anzi proprio il fatto che abbiano un termine è ciò che le rende belle e preziose. Se tutto fosse eterno probabilmente ci stancheremmo più facilmente di una situazione o dello studio di un’arte. Se l’ikebana che abbiamo realizzato fosse sempieterno non ci spingerebbe, probabilmente, a crearne altri, ma soprattutto diverrebbe un soprammobile e non qualcosa dotato di vita che illumina la nostra stanza.Alla vita stessa non daremmo lo stesso valore che ha.
E’ pur vero che se tutto ha una fine ha pure un ciclico rinizio, in maniera differente come un fiore che da chiuso, sboccia e sfiorisce, ma in sé il ramo ha già la gemma del prossimo fiore.
Così io stasera voglio immaginare pensando al ciclo delle 5 conferenze che si sono concluse con Luigi Gatti che vuole essere definito esperto dell’Oriente e non maestro, ma lo è. Il maestro è quello che, con serietà, ma anche allegria, apporta nuova linfa al tuo sapere, alla tua vita. E Luigi ci ha insegnato attraverso la sua esperienza, la sua poesia, la sua passione. Non è salito in cattedra, ma si è seduto intorno al fuoco con noi per raccontarci la sua visione.
Quando mi propose un possibile ciclo di 3 conferenze sulla semantica degli ideogrammi legati all’ikebana dissi subito di sì. Per carattere (e forse per DNA paterno e anche per il lavoro che faccio) ogni nuova avventura mi affascina seguendo il detto che ogni lasciata è persa. So che si impara sempre qualcosa di nuovo (una legge non scritta del teatro recita proprio che: ogni giorno in teatro impari una nuova lezione).
Quello che non mi sarei mai aspettato che insieme alla conoscenza ci sarebbe stata una tale onda di pathos tra tutti i partecipanti. Bellissime persone del mondo dell’ikebana (Ohara, Sogetsu e Wafu), bonsai e persone curiose di avvicinarsi al nostro mondo. Nuovi amici dal cuore grande. Tra questi il fotografo Andrea Lippi, ma di lui ne parlerò in un altro post per un un nuovo cammino.
Le tre conferenze sono diventate cinque su suggerimento dell’ikebanista Antonietta Ferrari andando a toccare il tema della stagionalità negli Haiku e quindi ripercorrendo in altra forma sempre la cultura della natura giapponese.
E quale data migliore di oggi per terminare? Un dono d’amore per fare un passo avanti sul nostro cammino.
Come direbbe Silvia Barucci agli assenti #visietepersiilmeglio.
Scrivo queste righe proprio subito dopo la conferenza perché le emozioni sono ancora molto palpabili e ringrazio tutti i partecipanti sia per il loro calore e la loro passione sia per ciò che mi hanno detto o scritto.
Perdonatemi dopo la citazione fantascientifica (ho pur sempre un’anima pop) ne scrivo una musicale, ma cito (l’ho già fatto varie volte qui lo so) la frase della mia canzone preferita proprio per non chiudere su queste conferenze, ma per dire che sicuramente incontreremo ancora Gatti e , si spera, dal vivo e non solo su Zoom:
Ma lascerò che tutto passi
Dal mio cuore
A un altro
Senza fine
Fino a ricominciare
Qui
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13/02/21 Lezioni online
La pandemia in corso ha dato il via ad una tipologia di lezioni di ikebana a cui, sinceramente, prima non avrei mai pensato ovvero le lezioni online. Come disse la Iemoto Akane Teshigahar quando mesi fa fece la diretta su Instagram le lezioni online non possono essere per chi è agli inizi dello studio. Infatti, a meno che non abbia già frequentato un’altra scuola di ikebana conoscendo tecniche e idee di quest’arte è impensabile riuscire a fare una buona lezione a chi non ha esperienza nella scelta di rami e fiori.
In realtà noi del Concentus Study Group è da moltissimi anni che facciamo una sorta di lezione online. Infatti le allieve tra una lezione dal vivo e l’altra avevano la possibilità di esercitarsi a casa e mandarci la foto del lavoro su cui noi facevamo (se ce ne era bisogno) le correzioni ripetendo (fino a che non eravamo soddisfatti) il processo. Se già non ho mai amato mettere il logo sugli ikebana fatti a lezione (pare si voglia mettere il marchio alle mucche della propria stalla) certamente a queste non mi sarei mai sognato di farlo dato che la base era un loro lavoro e una loro idea. Però non avevamo mai pensato a lezioni online perché le avevamo sperimentate sulla nostra pelle molti anni fa con un’insegnante e non ci erano piaciute per come erano state condotte (a partire dal fatto che ci arrangiavamo sulla scelta dei materiali).
Quindi come organizzzarsi? Le più difficili sono state le prime in pandemia quando era difficile trovare i materiali, ma anche dopo la situazione non si è rivelata semplice. La nostra allieva Fiammetta che vive in Israele non ha molte possibilità di trovare rami adatti, Neicla (da Ivrea) trova i fiori a prezzi allucinanti, Deborah dalla Svizzera anche lei spesso ha difficoltà a trovare i materiali mentre Dana (Romania) è messa molto bene e questo ci facilita i compiti dell’80%.

Con il maestro Farinelli eravamo concordi su diversi punti:
- Non più di un’allieva alla volta. Una lezione online pone delle difficoltà a partire dall’impossibilità della correzione diretta spalla a spalla. Non volevamo che si facesse lelzione tanto per farla o per un vantaggio economico. Si insegna un’arte e, per noi, questo non va svilito nel fare delle lezioni pur di farle e aggiungere una tacca in più.
- Scelta del materiale una settimana prima della lezione. Sapendo (noi) quale lezione c’è da fare si propone il materiale, si vede ciò che l’allieva riesce a trovare, si prova a combinare il materiale, si ricambia, si mescola, si… insomma una faticaccia per non mettere insieme che so rami secchi e deboli e fiori grossi e forti visivamente.
- Scelta dei vasi. Se è vero che per la Sogetsu si possono avere qualsiasi tipologia di vaso da utilizzare è anche altrettanto vero che per gli stili base ci sono due tipologie di vaso e basta non possiamo far fare moribana in un contenitore che non sia (simile) a un suiban o il nageire in un vaso che non sia cilindrico. E anche per glio stile liberi, non amando passare per buona qualsiasi cosa venga in mente, ci facciamo inviare dall’allievo le foto dei vasi che possiede e ogni volta scegliamo quale utilizzare per un determinato stile. Va bene stile libero e creativo, ma l’ikebana ha una linea guida precisa.
- Orario da concordare. Le lezioni si devono svolgere con calma e lucidità sia da parte nostra sia da parte di chi spende tempo e soldi. Non è pensabile un orario che vada bene solo a noi o viceversa. Creerebbe stress e distrazione.
- Come svolgere fisicamente la lezione. Prepariamo ciò che a noi servirà per fare degli esempi, l’allievo lavora e man mano facciamo a voce le correzioni, inoltre ed scatto delle foto allo schermo per segnare le varie ulteriori correzioni da fare nel dettaglio e così via fino a che non siamo tutti soddisfatti del lavoro svolto. Alla fine l’allieva ci manda la foto che ha scattato e sopra ad essa facciamo le (eventuali) ultime correzioni. Le lezioni sono sia in italiano sia in inglese per gli stranieri.
Ovviamente manterremo questa situazione fino a quando durerà questo stato particolare oppure per le maestre del nostro gruppo che ogni tanto ci chiedono una lezione di allenamento e non abitano a Roma. Nessuna lezione online ha la forza e l’impatto di insegnamento di una dal vivo.
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11/02/21 A Breath of Spring from Japan

Uno dei danni, al mondo dell’ikebana, provocato dalla pandemia in corso è stato senza alcun dubbio l’interruzione di attività dal vivo come le mostre, i workshop o le dimostrazioni. Per fortuna, come spesso scritto in questo blog, le attuali tecnologie hanno permesso di portare avanti un’attività “parallela e virtuale”.
Il sottoscritto e il Maestro Farinelli hanno potuto continuare a fare lezione alle allieve che abitano fuori Roma o all’estero grazie a Zoom (una persona alla volta all’orario che preferiscono perché ovviamente non è la stessa cosa che tenere una lezione dal vivo e seguire più persone contemporaneamente potrebbe portare a non fare una buona lavoro) e a tenere varie attività online, ma purtroppo abbiamo dovuto rimandare al prossimo anno il workshop internazionale previsto per questo.
Come è stato annullato l’arrivo del Master Instructor Ken Katayama in Italia e, probabilmente, la sua andata in India tanto è vero che i colleghi indiani hanno organizzato (grazie!) una dimostrazione online su Zoom. Dato il fuso orario mi sono alzato molto presto (la dimostrazione iniziava alle ore 7.30) italiane, ma ero molto interessato a seguirla e mi ha fatto piacere rappresentare, assieme al Maestro Farinelli e alla Maestra Silvia Barucci, l’Italia con un gruppo ufficiale della Scuola Sogetus.
Ecco come gli amici dall’India avevano presentato l’evento.
“La Scuola Sogetsu di Ikebana, Delhi, è lieta di essere supportata dall’Ambasciata del Giappone per questo programma molto speciale che celebra la Primavera. Siamo davvero onorati che il signor Ken Katayama ci dia questa dimostrazione da Fukuoka, in Giappone. Il Sig. Katayama ha il grado Riji ed è un Master Instructor della Sogetsu School di Tokyo. Ha assistito e lavorato con il fondatore della Scuola Sogetsu, Sofu Teshigahara, la secondao Iemoto, Kasumi Teshigahara e il terzo Iemoto,Hiroshi Teshigahara. Inoltre assiste e viaggia con l’attuale Preside della Scuola, Akane Teshigahara. Ha viaggiato molto, ha realizzato mostre, dimostrazioni e tenuto workshop in Giappone e all’estero. Ha pubblicato una raccolta delle sue opere intitolata “Ryo”. Il signor Ken Katayama è stato il presidente della XI Ikebana International World Convention tenutasi nel 2017! Saremmo molto felici se invitate i vostri soci, studenti e amici a questa prestigiosa manifestazione.”
268 persone hanno potuto seguire la diretta su Zoom.
Ringrazio per questa bellissima iniziativa, per aver visto un maestro così importante e famoso all’opera e per ciò che è stato insegnato e il ripasso delle tecniche basiche. Mi ha anche fatto piacere notare, ancora una volta, che i maestri giapponesi non fanno mai, per quanto realizzino stili liberi, degli ikebana incomprensibili o dove manchi la presenza di elementi vegetali anche in minima parte. Pensare fuori dagli schemi non vuol dire, necessariamente, che ogni cosa che ci passi per la mente sia realmente un ikebana. Sennò rischiamo di travisare questa importante arte piegandola ai propri fini.
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06/02/21 All Is Full of Love
In attesa dell’edizione in ebook del libro di Koka Fukushima sensei relativo a 48 capitoli che spiegano fiori e rami da utilizzarsi in ikebana, ho iniziato il corso di approccio alla lingua giapponese con l’esperto Luigi Gatti perché durante le tre conferenze relative alla semantica degli ideogrammi in ikebana spesso abbiamo toccato l’argomento Hanakotoba (花言葉).
In passato mi ero dedicato allo studio del “linguaggio dei fiori” accorgendomi però che a seconda del sito consultato o del paese a cui faceva riferimento i fiori cambiavano completamente di significato arrivando anche ad essere l’esatto opposto! Quindi la mia conclusione è stata che se proprio avessi dovuto seguire in ikebana il significato dei fiori l’unica soluzione sarebbe stata adottare quello della sua patria natale ovvero il Giappone. Basta riflettere su come cambi il significato del Crisantemo in Occidente e in Giappone per comprendere come tutto ciò sia solo un divertissement legato a mitologia, credenze o storie locali.
Approfitto per ingraziare Luigi Gatti che oltre alle tre conferenze sulla semantica degli ikebana ha accettato di proseguire il cammino con altre due conferenze che, essendo incentrate sugli Haiku, hanno per tema la stagionalità e la natura (Kigo 季語) per cui continua il nostro studio sul signficato che hanno gli ideogrammi che compongono il nome dei fiori e delle stagioni.
E la prossima conferenza sarà il 14 p.v. giorno di San Valentino. Quale modo migliore di festeggiarlo imparando, stando tra amici e parlando di bei concetti?
E a proposito di San Valentino… in passato non mi pare di aver mai fatto ikebana per questa festività, ma quest’anno ne sentivo il bisogno. Non per la festa commerciale degli innamorati, ma per eliminare tutto questo sentore di morte e negatività che abbiamo (e speriamo definitivamente) alle spalle. Un anno di sofferenze sociali, di lavoro, di paura.
Non volevo però fare una cosa banale, o fozata o commerciale. Doveva essere qualcosa molto personale. Che avesse significato per me, ma che potesse comunicare qualcosa anche agli altri. Però non avevo un’idea precisa.
Quando ho seguito il workshop che Mika Otani sensei ha tenuto per il Chapter di Ikebana International di Singapore per un attimo l’insegnante, nel mostrare una tecnica, ha intrecciato due rami di Salix Caprea in una maniera che mi ha acceso la lampadina in testa.
Agli auguri si unisce il maestro Lucio Farinelli che anche lui quest’anno ha deciso di mandare un messaggio di speranza e amore a tutti quanti.


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01/02/21 Ikebana e… Lego

Di recente il Maestro Farinelli mi ha fatto questo insolito e inaspettato regalo. Entrambi siamo appassionati di Lego e non ci perdiamo mai la trasmissione Lego Masters dove la creatività in questo settore è ai massimi livelli (soprattutto nell’edizione australiana).
Inoltre su idea dello stesso Farinelli già avevamo ideato, anche con le allieve, degli ikebana in vasi costruiti con il Lego.
Ma con fiori fatti di Lego?
Preso alla sprovvista e con materiale di forte impatto non era facile pensare a come realizzare un ikebana anche perché volevamo cercare di fare qualcosa sì fuori dagli schemi, ma non una cosa assurda. Però ero talmente felice che nemmeno volevo aspettare per realizzare qualcosa.
Per prima cosa ci siamo cimentati con la costruzionee dei fiori… e sono passate tre ore di montaggio! Un’opera geniale ideata dai designers Anderson Grubb e Astrid Sundford Christensen costituita da miriade di piccole parti che hanno messo a dura prova la mia vista!
L’idea con il M. Farinelli è stata prima di usare i fiori del Lego per il tema “Using Both Fresh and Unconventional Materials” e poi per quello “Composition Using Unconventional Materials”.
Ed ecco i risultati.




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