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08/08/22 Il sentiero perduto
Quando nel 2005 iniziai lo studio dell’ikebana a malapena si sapeva cosa fosse internet figuriamoci i social media.
All’epoca c’era Flickr e lo salutai con gioia perché mi diede la possibilità di entrare in contatto con altri ikebanisti Sogetsu di tutto il mondo dato che all’epoca in Italia eravamo quattro gatti sapruti e dei dintorni di Roma (a volte quando penso che noi abbiamo allievi che hanno poi creato dei loro punti di insegnamento a Merano, a Venezia, in Svizzera, in Toscana, in Romania e, prossimamente, a Ivrea e in Israele mi pare impossibile!).
Per me lo sviluppo dei social era una cosa positiva proprio per scambio di idee e vedute e in fin dei conti abbiamo così conosciuto la nostra insegnante Mika Otani e molti altri valenti colleghi.
Quello che non avevo messo in conto che le persone avrebbero solo cercato di mettere su una vetrina senza che dietro vi fosse nulla di valore.
L’importante è pubblicare, pubblicare, pubblicare ed avere like e followers.
Se quello che pubblichiamo non è corretto ci importa poco in confronto ai 400 like messi dalle persone che magari sono le stesse che le mettono anche a quello che batte una sederata in terra…
Ci si sente autorizzati a pubblicare qualsiasi cosa soprattutto se ci siamo fatti conoscere.
Si spaccia per ikebana cose che nemmeno sarebbero degne di flower arrangement o figli generati dal tritatutto e dall’attack.
Più la cosa è strana o fatta male, piatta, senza estetica e più piace perché ci pare che anche noi si possa farla senza tanti sforzi.
Ci lodiamo pubblicamente che stiamo studiando ikebana e non se ne conoscono realmente stili o tecniche, nei gruppi su Facebook si spacciano per ikebana cose sterili di persone che non sono mai andate a lezione.
Circoli viziosi di amici che si mettono i like a vicenda.
E in tutto questo dove è la vera arte dell’ikebana? Il sentiero dei fiori?
E’ la sfuocato in lontananza dietro all’apparire.

Ci basta dire che stiamo rappresentando una scuola, fare la coda di pavone e pubblicare esercizi di art attack che poi al 90% dei casi sono sempre uguali con piccole variazioni.
Se non altro è passata la mania di spacciare per ikebana delle piramidi di forchette incastrate tra di loro, ma per il resto lo sconforto è immenso.
Di recente ho visto massicci esercizi di roba vegetale ammucchiata senza senso, senza profondità, senza un’idea precisa e altri con materiali messi a casaccio assieme da, probabilmente, persone daltoniche.
Mi chiedo cosa me lo faccia fare ancora di insegnare alle allieve cercando di dar loro quei principi base importanti, quelle correzioni se il fine è solo quello di pubblicare una foto che sia corretta o meno o con l’inquadratura giusta?
Abbiamo deciso di realizzare un workshop con un esperto artista della cartapesta e si son visti subito maestri correre a dimostrare che anche loro sanno costruire vasi con materiali non ceramici e… non ho visto nulla di soddisfacente perché non è possibile che tutti sappiano fare tutto per quello noi collaboriamo con professionisti del settore.
Però è stancante perché ormai è la battaglia delle Termopili.
Non si fa ikebana per portare la bellezza e la poesia nella propria vita o un guizzo di creatività.
Lo si fa per la coda da pavone o per guadagno pecuniario scrivendo ovunque i cartellini dei prezzi come si fosse al supermercato.
Peccato.
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