Monthly Archives: novembre 2020
30/11/20 Ikebana: a worldwide journey
La nostra allieva Fiammetta Martegani, antropologa e curatrice al Museo Eretz Israel di Tel Aviv, tempo fa mi parlò di un libro di ikebana che aveva trovato al Mercato delle pulci di Jaffo, la città vecchia di Tel Aviv. Ha rintracciato Ilan, il figlio della maestra di ikebana che aveva scritto il libro e mi ha inviato le impressioni che questa arte suscita in lei e il suo percorso svolto. Lascio a lei la parola e la ringrazio per questo prezioso ed emozionante contributo.

The most accurate translation of the Japanese word Ikebana is “the way of flowers”.
For every student, Ikebana is always the beginning of a journey, and not necessarily in Japan. I started my journey in Australia in 2006, where I spent six sabbatical months between the end of my MA and the beginning of my Ph.D in Anthropology. In Sydney, one of my flatmates used to practice Ikebana. Every week, she would bring home a beautiful “Japanese flower arrangement”, sparkling joy in the entire apartment.
As an Italian, arriving from the country of the Renaissance, I immediately recognized in this “flower composition” a piece of art, a “creation”. Not surprisingly, the word “Ikebana” is combined with hana, “flower”, and ikeru, a verb that can be translated as “life”, “to live”, “to give birth”, “to create”. Hence, from this meaning, every artwork is also a creative act in itself. As an anthropologist, I immediately realized that I wanted to explore and dive much deeper into the world of Ikebana.
Luckily, once I came back to Milan, my hometown, I found a Japanese Ikebana Sensei (“Master”), Keiko Ando Mei. She introduced me to the fascinating world of Ikebana, together with a deep study of the most celebrated Japanese poets: Basho, Kenko, Ryokan. According to Keiko, the best attitude to discover the “way of flowers” was through a literary journey. This was how I discovered Japan, many years before my first visit to the Land of the Rising Sun.
However, this was just the beginning of my journey because, three years later, my postdoctoral program brought me to Israel, where I have lived ever since. Once I arrived in Israel, I immediately looked for an Ikebana Master – her name was Erika Shomrony. In 1947, shortly after the end of World War II, she escaped to Israel from Austria. Erika passed away in 2018 at 100, still practicing Ikebana. She wrote the first, and so far the only, book in Hebrew about Ikebana, entitled “Arranging Flowers”, published in 1974. The book is a beautiful tribute to the Japanese art of flower arrangement with particular attention to Israeli nature and environment.
Following her passing, I approached the Japanese Embassy in Tel Aviv. This is when I discovered that I was currently the sole Ikebana expert in the country. Hence, the journey brought me to another level. I started to learn more about Japanese aesthetic and harmony in general as this is the very essence of Ikebana, a natural, asymmetrical, and humble flower arrangement, created to bring nature and harmony in your own home.
These are the three words that I always use to describe the feeling of practicing Ikebana: beauty, nature and harmony. This last word in particular, wa, in Japanese, is also a philosophy of life. Thus, once you discover the core principles of Ikebana’s aesthetic, you can easily apply it to every aspect of your life from home to family, as well as from your desktop to your entire company.
Practicing Ikebana daily is also a wonderful way to meditate and be more focused in every aspect of our lives, just as the Samurais used to do. As in every other Japanese Zen practice and arts, including martial arts, the main purpose is not the final result, but the process itself. In other words, it is not about what to do, but how to do it. And this is, to me, the most fascinating part of the journey because it is never ending.
Eventually, I made the real journey to Japan and after this I started to study the Japanese language. This led me to discover another art, shodo, “the way of calligraphy”. During my studies, I realized that Ikebana and Shodo are deeply connected and intertwined with one other. Sofu Teshigara, the “Picasso of Japan”, used to practice them both and successfully combined them together. He was the founder of the Sogetsu School, one of the most avant-garde schools of Ikebana. I belong to this School and am currently studying, under the supervision of the masters Lucio Farinelli and Luca Ramacciotti, in order to become the first official Sogetsu Master in Israel, an extraordinary country where different cultures, religions and traditions live next to each other. Like the art of Ikebana, which is born from the encounter between nature and humans: it can be practiced anywhere and by anyone, with no national or ethnic boundaries. It crosses borders and brings us back to our original roots in nature, since the purpose of practicing Ikebana is to create in the flower vase the same harmony that we need in our minds.
This is why, after travelling all around the world, I feel that only when practicing Ikebana I can be deeply connected to the place where I live. Ikebana makes me feel grounded and connected with life.
To me, this is the essence of practicing Ikebana. A beautiful and never ending journey: “the way of flowers”.
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25/11/20 Creatività

Di recente ho letto questo libro di Rino Panetti (per tutt’altri scopi rispetto allo studio dell’ikebana) che consiglio caldamente sia a chi si occupa di arte sia a chi studi ikebana con la scuola Sogetsu.
Spesso ci sono confusioni su cosa sia effettivamente creativo nell’ikebana Sogetsu eseguita nel mondo occidentale e questo libro, è per me, una guida su come si possa definire ed affermare il concetto di ikebana per chi studia nella mia scuola.
Premettendo che, pur essendo una scuola dove c’è il concetto di freestyle ed è innegabile il suo legame con l’arte moderna occidentale (come spesso ho trattato in questi miei post), la scuola Sogetsu è pur sempre nata in Giappone con una mentalità, una cultura e, di conseguenza, un approccio alla giapponese. Quindi va studiata e realizzata pensando alla giapponese non all’occidentale. Dovremmo ricordare sempre bene questo concetto perché ad esso sono legate le tradizioni del mondo dell’ikebana su cui Sofu Teshigahara apportò delle innovazioni (e di quale portata!), ma non creò qualcosa ex abrupto.
Questo ci riporta ad un concetto ben espresso nel libro dove si evidenziano le differenze ideologiche e di inquadramento tra un mondo occidentale giudaico-cristiano e quello orientale. Ovviamente non si fanno differenze teologiche, ma proprio come ci si approcci a determinati concetti, quale ad esempio novità, inquadrandoli nella giusta ottica.
Concetti come SUN e FUN qui espressi (non vi spiego ovviamente cosa significhino non per obbligarvi a leggere il libro, ma perché come riportato più volte nel testo è il percorso che compiamo importante non arrivare all’immediata meta) possono davvero essere la base di partenza per quando, ogni volta, ci accingiamo a praticare un tema freestyle della scuola Sogetsu.
Ho cercato di fare gli esercizi proposti nel libro (inizialmente, lo confesso, un poco frustranti, ma poi piano piano gli ingranaggi iniziano a girare) nella mia duplice ottica ovvero quella teatrale e quella inerente l’ikebana (le mie personali “abbazie”) scoprendo spesso come arrivassi a risultati similari.
Questo libro fa comprendere molto bene le differenze tra avere talento ed essere creativo e come, eventualmente, indirizzare bene il nostro talento. Come avere una visione d’insieme e non solo parziale oltre al fatto che si sproni spesso a prendere appunti su di un taccuino.
Sembra una sciocchezza, ma non lo è. Un esercizio manuale come la scrittura ha una ben diversa valenza dal digitare su una tastiera come sto facendo in questo momento. Spesso mi accorgo di come si abbia ormai difficoltà nello scrivere a mano.
Per quanto io prenda appunti durante il lavoro o faccia annotazioni sullo spartito è molto ben diverso dallo scrivere a lungo e questo lo capii quando eseguii l’ikebana ispirato al profumo Notturno di Meo Fusciuni dovendo trascrivere le poesie di Rilke, Holderlin, Celan, Neruda e De la Cruz in una buona grafia anche se consapevole che, probabilmente, e così fu, a fine lavoro non si sarebbe ben visualizzata la mia scrittura.
Inoltre avremo un diario del nostro percorso.
Nulla accade per caso potrebbe essere il sottotitolo di questo prezioso manuale (in realtà è un vero e proprio workshop da compiere guidati dall’autore). “Non chiederti cosa può fare la creatività per te, chiediti cosa puoi fare tu per la tua creatività” – allargare lo sguardo, spronare, provocar(ci)e, muoversi sono tutti verbi usati in questo libro per meglio descrivere come dovremo rapportarci con ciò che dovremo realizzare (imparando a cambiare i nostri schemi mentali usuali).
Un consiglio, non mio, ma dell’autore. Spegnete il telefono o evitate di guardarlo durante la lettura. Concentratevi su ciò che leggete e gli esercizi perché è davvero una lettura piacevole e spesso vi ritroverete a pensare “perché questo non l’ho capito prima?”
Dovremo avere ben evidenti i percorsi e i concetti espressi in questo manuale pratico (leggendolo capirete perché lo definisco così) quando la prossima volta ci appresteremo a realizzare un ikebana per comprendere se siamo sulla giusta via, se ciò che stiamo realizzano è davvero creativo, se “dice” qualcosa, se è un passo avanti e poi di lato che compiamoo o semplicemente continuiamo a citarci addosso.
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22/11/20 Flowers become me

Di recente ho avuto la bella notizia dell’uscita, a fine mese, della seconda fatica letteraria di Roberta Santagostino. Tre anni fa il suo bellissimo libro “Piante e fiori dell’ikebana” (dedicato in realtà non solo all’ikebana, ma a tutte le tradizioni culturali del Giappone legate alla natura) ed ora un saggio inerente una tipologia di composzione che personalmente adoro molto.
Il Chabana spesso viene travisato in Occidente dandogli delle forme che non sono propriamente sempre corrette per cui sicuramente questo libro sarà illuminante e di insegnamento in tal senso. Inoltre credo che recuperare la delicatezza di certe tipologie di composizioni possa sempre fare bene.
In passato ho fatto ahimé cose eccipibili, ma sinceramente non per colpa mia, ero ancora studente, e veniva fatta leva sul dover fare un ikebana sempre strano, mettere un fiore a testa in giù (peccato poi non prenda acqua per cui si infrange il comandamento supremo dell’arte dell’ikebana destinando il fiore ad appassire. All’Headquarter Sogetsu quando fai lezione non appena scegli il vaso te lo fanno riempire subito d’acqua) o composzioni “scenografiche” che in realtà non avevano né capo né coda, ma solo presunzione.

Come si vede nella foto sopra si può dire qualsiasi cosa tranne affermare che fosse realmente un ikebana. Era un guazzabuglio e lo riconosco senza alcuna difficoltà con l’esperienza che ho oggi. Poter vedere costantemente, anche attraverso i social, ciò che i grandi maestri del Giappone creano mi è servito come guida per cambiare rotta (e insegnante) e comprendere che non siamo artisti se mettiamo del materiale slegato che va in due o più direzioni o qualcosa di “strano”. Un’altra lezione importante possono essere i 50 Principi della Sogetsu che oltre ad essere consigli pratici sono proprio delle guide stilistiche. Basta assimilarli e capirli appieno.
Forse io, sapendo di non sapere, non mi distacco dalle linee guida della Sogetsu che è una scuola molto creativa e permette di realizzare ikebana anche particolari (materiale non convenzionale, sculture di rami, materiale secco etc-), ma sempre con la natura come protagonista.
La difficoltà, con la mia scuola è che conserva principi legati all’ikebana tradizionale, ma portandoli nella modernità dell’arte contemporanea per cui dobbiamo sempre tenere un giusto equilibrio con dei concetti (come quelli ben espressi in questo articolo del compianto Mauro Graf) molto “giapponesi”, ma universalizzati.
Forse io limito un po’ le mie allieve durante le lezioni come il signore nella vignetta sottostante…
ma è anche vero che le mie allieve sono quelle che al concorso Sogetsu hanno preso più premi in Europa per cui forse la via che percorriamo è quella corretta o, la scuola, comprende che cerchiamo di metterci al servizio dell’ikebana e della natura per fare composizoni che pur essendo artistiche sembrino naturali, come se dietro non ci fosse la mano dell’uomo. Come è doveroso che sia.
“Flowers become me” è il motto della nostra Iemoto. Pensiamoci quando facciamo un ikebana perché quello sarà la nostra trasposizione in natura. Cosa vogliamo raccontare di noi?
Anche perché per mettere in un vaso un fiore a testa in giù o un rametto secco storto non serve studiare ikebana.
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15/11/20 Kadō 華道

Ciò che mi affascina dello studio di un’arte è che c’è sempre la possibilità di contaminarla con altre discipline. Realizzando la messa in scena di opere liriche non mi sono mai settorializzato sullo studio del melodramma, ma il mio interesse è sempre andato anche ad altri settori dello spettacolo, dell’arte, del fumetto, del cinema, di tutto ciò che mi incuriosiva e solleticava. Questo aspetto io, coaudiuvato dal M. Lucio Farinelli che la pensa esattamente come me, l’ho riportato anche in ikebana. Per me è impensabile studiare “solo” l’arte floreale giapponese senza mescolarvi altre possibili discipline perché tutte insieme vanno poi a formare un substrato culturale che noi riverseremo nei nostri lavori. Devo dire che sono anche fortunato avendo un pool di allieve, maestre del mio gruppo o amici di altre scuole che la pensano come il sottoscritto.
Recentemente ho avuto la fortuna di conoscere (purtroppo al momento solo virtualmente) Luigi Gatti autore del libro di cui ho parlato in un precedente articolo. Gatti è una persona di un entusiasmo unico pari alla sua passione e alla voglia di ampliare la conoscenza e l’interesse cosa che può accadere solo con contatti tra persone perché i vari sentieri non si percorrono mai da soli. Lo scambio delle proprie esperienze o di ciò che conosciamo porta sempre ad una crescita. Parlando con lui è nata l’iniziativa di cui vedete la locandina ideata e realizzata dalla grafica Silvia Barucci.
Prima di spiegare di cosa si tratti vorrei ringraziare Gatti (lui non vuole essere nominato come professore, ma per noi in questa occasione lo sarà dato che ci porterà la sua conoscenza) per la proposta che ci ha fatto di cui siamo tanto felici quanto onorati. Come vorrei ringraziare tutte le persone che si sono subito dimostrate entusiaste. In questo anno così devastante e particolare il mio gruppo non ha mai cessato di fare attività anche se la maggior parte delle iniziative sono state a livello “online”, ma non importa. Vuol dire che la nostra mente desidera combattere tutto ciò che ci sta accadendo solo con cose positive e belle.
Ma veniamo a noi e alla conferenza che Gatti terrà via Zoom su prenotazione.
Kadō 華道 è, come sappiamo. una parola giapponese, da decenni in uso anche nella nostra lingua, con la quale si indica generalmente il percorso da compiersi per imparare l’arte floreale giapponese nota maggiormente con un altro termine (più recente) ovvero l’ikebana. Come spesso accade con le parole giapponesi, il suo significato va ben oltre a questo. Con Luigi Gatti, scrittore, viaggiatore ed esperto di cultura giapponese, vedremo come Kadō sia un concetto capace di guidarci lungo sentieri e percorsi inaspettati, in un viaggio che ci farà attraversare la filosofia e lo spirito del popolo giapponese.
Avremo quindi un approccio diverso alla materia che stiamo studiando andando ancora maggiormente a comprendere il significato nascosto, profondo nelle parole che utilizziamo costantemente. Un aspetto spesso trascurato, ma che invece reputo molto importante e che ci darà ancora nuovi imput per continuare con gioia il sentiero dei fiori.
Per informazioni concentusstudygroup@gmail.com
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06/11/20 Seasonal Plant Materials
Una delle mie lezioni preferite del V livello per insegnanti è quella che porta il titolo di questo blog.
Se, in origine, fare ikebana poteva semplicemente voler dire utilizzare il materiale del proprio giardino o della natura circostante oramai grazie alle coltivazioni in serra e /o intensive è possibile trovare materiale di qualsiasi stagione tutto l’anno e si è perso il senso della bellezza precipua di ogni momento dell’anno.
Questa lezione invita invece ad utilizzare proprio il materiale tipico della stagione che stiamo vivendo, osservarne le caratteristiche, i colori, i profumi. Non è sbagliato utilizzare anche materiale di altri stagioni rispetto a quella in corso, ma l’importante è caratterizzare, con il proprio lavoro, la stagione che stiamo vivendo..
E per farlo dobbiamo onorare e utilizzare al meglio il materiale che la natura ci offre. Dobbiamo valorizzarlo, non inaridirlo, rispettare le loro forme o colori, siamo al suo servizio e non viceversa. Abbiamo la possibilità di utilizzare dei bellisismi rami e allora facciamolo nella loro interezza.
Spesso invece osservo come il materiale venga sempre spezzettato e ricomposto, non si riconoscono più le forme, assistiamo ad ikebana asettici freddi e mi dispiace che in Europa ci si stia allontanando dal sentiero che la scuola madre continua ad indicare. Di recente la master instructor of Sogetsu headquarters Misei Ishikawa ha tenuto proprio una dimostrazione online sul tema dell’autunno e i suoi bellissimi e strabilianti lavori arrivavano al cuore con la spettacolarità della natura. Erano poetici e pieni di pathos dove la natura era rispettata ed esaltata.
Quando Patrizia, Neicla e Chiara durante le loro passeggiate hanno mandato le bellissime foto della natura che stavano vedendo ho chiesto allora a chi poteva di realizzare degli ikebana autunnali. Osservare la natura è sempre istruttivo come il cercare di omaggiarla, ricrearla, anche se non pedessiquamente. Dobbiamo sempre ricordarci che facciamo ikebana e non sculture surrealiste.
Quindi grazie alle nostre fotografe, che nelle loro passeggiate hanno pensato di condividere con tutti noi ciò che vedevano, ci siamo messi al lavoro cercando ispirazione nelle forme e i colori della natura autunnale e chissà che gli stessi paesaggi non potrebbero dare suggerimenti diversi durante l’arco dell’anno perché è bello e istruttivo vedere anche come una stessa pianta muti durante le stagioni.











Ancora una volta grazie a tutte coloro che hanno potuto partecipare seguendo il sentiero della via dei fiori.
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05/11/20 Kikansha
Lo scorso inverno, presso la galleria Taka Ishii Gallery in Tokyo, si è svolta una personale di Sofu Teshigahara in cui si presentavano una selezione di sculture e opere di calligrafia prodotte dagli anni ’50 agli anni ’70. Sofu Teshigahara, assieme a Houun Ohara e Yukio Nakagawa, fece parte del movimento d’ikebana d’avanguardia che si discostava dalle pratiche convenzionali dell’Ikebana, senza mai però rinnegarne i principi.
Sofu Teshigahara, continuò costantemente a esprimere un forte interesse per le tendenze artistiche europee riuscì a incorporare lo spirito sperimentale dell’arte moderna nel contesto dell’Ikebana.
Una delle opere esposte in questa mostra (realizzata in collaborazione con la Sogetsu Foundation) era “Kikansha” (The Locomotive – 1951) una “combinazione” di vasi e strutture di ferro con materiale vegetale.
Nel libro “Ikebana” by Sofu Teshigahara si trovano delle foto della realizzazione di questa opera e la spiegazione di come trovasse interessante l’impatto che del materiale inorganico potesse avere a contatto con quello vegetale in quanto è difficile espremere emozioni attraverso il primo. In questa opera Sofu cercava di rendere il “simbolo” della locomotiva, una locomotiva surreale con sopra una composizione di fiori. Questo lavoro era di stimolo a incrementare la fantasia dell’ikebanista che non sempre ha a disposizione ciò che vorrebbe. Ovviamente lavorando con materiali organici ed inorganici è importantissimo il livello di equilibrio di entrambi, nessuno deve sovrastare sull’altro e il lavoro deve avere “ritmo”.
Questa opera di Sofu Teshigahara ha sempre molto colpito la mia fantasia sia per il suo carattere volutamente simbolista (come riportavo in un altro articolo di questo blog) sia per il ritmo scenografico che possiede. Nonostante la prevalenza visiva di materiale ferreo l’opera è viva, divertente, c’è il cuore e l’idea.
Quando il M. Farinelli, la scorsa estate, vinse al concorso #akane60 uno dei vasi creati appositamente per l’evento sinceramente non avevo idee su come utilizzarlo.
Giustamente essendo suo è stato il M. Farinelli per primo a realizzarci un ikebana.
Quando ho visto il suo ikebana il mio cervello ha collegato (non so per quale oscuro lavorio dei miei neuroni 🙂 ) quel vaso all’opera Kikansha. Ovviamente avrei, con il capo cosparso di cenere e tanta umiltà, solo compiuto un doveroso omaggio all’opera del fondatore della scuola, una specie di “grazie” espresso con i fiori senza alcuna pretesa di artisticità. Ho cercato quindi di ideare una composizione che ricordasse quell’opera e tentasse di avere ritmo ed equilibrio tra il vaso, il bicchierino nero messo vicino alla base e il materiale floreale. Spero Sofu sensei apprezzi il mio piccolo ringraziamento senza scagliare folgori dal cielo.
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