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Luca Ramacciotti – Sogetsu Concentus Study Group

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I partecipanti al workshop con Matteo Raciti e Maria Pia D’Anna

Tendenzialmente da sempre tendo a unire le mie passioni per cui era da un po’ di tempo che volevo realizzare un workshop sulla cartapesta per due motivi: il primo e il più ovvio è che sono cresciuto in mezzo al Carnevale di Viareggio mentre il secondo è per il “culto” che il Giappone ha verso la carta.

Già in occasione del workshop di Mika Otani (2019) come materiale non convenzionale utilizzammo, tra le varie cose, i pezzi di una costruzione carnecialesca (i primi al mondo a farlo), ma desideravo fare un passo in più.

Nel frattempo tra le nuove leve del Carnevale viareggino stava crescendo in maniera molto interessante Matteo Raciti. Matteo ha una grande passione proprio per il tema “carta” per cui era l’ideale per portare a termine il progetto che avevo in mente. Rimaneva il problema che un vaso di cartapesta non può contenere acqua. Che fare?

Il famoso motto socratico “io so di non sapere” l’ho sempre ben presente in mente per cui se un tema mi interessa non mi improvviso, ma cerco un esperto che mi faccia crescere personalmente per cui posi in mano a Raciti il problema perché, per me l’unca soluzione era di creare un vaso e poi trovare un contenitore di vetro o plastica da porre dentro. Qui la differenza tra chi conosce e chi non una materia. Raciti mi fece notare che sarebbe stato difficile trovare un contenitore adatto ai vari vasi creati per permettere ai partecipanti di realizzare un ikebana al termine del workshop dato che ognuno doveva avere la possibilità di sviluppare liberamente un proprio progetto.

Gli lasciai carta bianca e quando trovò la soluzione iniziammo a pubblicizzare il workshop e devo dire l’idea piacque sia perché i posti si sono esauriti abbastanza velocemente (solo 12 perché Matteo ci teneva a seguire bene ogni partecipante) sia perché, dopo aver pubblicato la locandina dell’evento, diversi maestri di ikebana improvvisamente si sono reinventati creatori di vasi con vari materiali (compresi una specie di poltiglia di carta e colla)… ma ricordate il motto di Socrate di prima….? Ecco io amo avere la sensazione di essere vuoto e venir riempito di nozioni e tecniche che non conosco, non mi improvviso. Sono come un vaso che aspetta di venir colmato.

Matteo, grazie all’Associazione Recuperarti non solo trovò una perfetta sede, ma anche il mcguffin per risolvere il problema acqua. Ma andiamo per ordine.

Il 2 mattina con i vari partecipanti (oltre a me e al Maestro Farinelli c’erano Ursula Altenbach, Silvia Barucci, Giusi Borghini, Natalia Calderon, Cristina Dagestad, Patrizia Ferrari, Ilaria Mibelli, Elena Palade, Silvia Pescetelli e Daniela Anca Turdean) ci siamo trovati nell’hangar del carnevale dove lavora Matteo. Era presente ancora il lavoro dello scorso anno, ma abbiamo potuto avere un assaggio anche del prossimo. Raciti ci ha illustrato il lavoro di un artista del Carnevale, guidato al Museo e allo spazio espositivo (dove c’è anche il suo Gulliver) donandoci preziosi dettagli, nozioni e curiosità.

Il pomeriggio abbiamo iniziato il workshop ed ecco la soluzione ideata da Raciti: ognuno di noi ha scelto liberamente uno dei molti flaconi, bottiglie o altro recipiente in plastica a disposizione ovvero tutto materiale di recupero che sarebbe stata l’anima del nostro vaso. Quindi il problema acqua veniva eliminato.

Ma come trasformarlo?

Matteo ci ha fatto vedere come avremmo potuto cambiare la forma a ciò che avevamo scelto dando anche materiale, sempre di recupero, come gli appendi abiti in ferro. Quindi ci siamo messi tutti all’opera dopo aver disegnato la nostra idea in modo che Raciti ci desse i giusti consigli per realizzarla. Come tutte le volte che mi approccio a una materia nuova mi sono totalmente affidato all’insegnante sempre per il precetto socratico sopra riportato. Ho esposto la mia idea e seguito le sue istruzioni.

Quando tutti abbiamo compiuto questo primo passo di modifica di uno o più contenitori è stato il momento di preparare la colla per la cartapesta e di imparare come si realizzano i vari strati. Quindi abbiamo iniziato ad applicare i minuscoli frammenti di carta sul nostro vaso in nuce pensando a quanto lavoro ci sia su una figura carnecialesca utilizzando quel metodo.

Il sabato mattina Raciti ci ha portato a visitare il Museo dei Bozzetti spiegando le varie fasi di realizzazione delle culture. Come dal bozzetto si passa al modello, a come ricavare le misure e nei casi dei bronzi stampi e fusioni. Poi abbiamo fatto un salto nella galleria dove espone le sue strabilianti e particolari scultre, i quadri dall’uso personalissimo e poetico dei colori (il blu!) e di monili in bronzo davvero innovativi.

Il pomeriggio abbiamo continuato il lavoro andando ad applicare sul lavoro del giorno prima varie tipologie e strati di carte che erano a nostra disposzione con un’incredibile scelta di tipologie di carte e colori. Avrei voluto usarle tutte!

Un lavoro di pazienza che rasserenava l’animo dato che il pensiero era lì e non disperso in altre problematiche della vita. Se non si ha la mente serena e libera di pensieri non faremo mai bene un’arte.

Il terzo e ultimo (ahimé) giorno abbiamo realizzato nei nostri vasi gli ikebana che il fotografo professionista preposto ovvero Angelo Paionni ha immortalato. Anche lì abbiamo avuto un’ulteriore lezione dato che ha dimostrato con mezzi improvvisati come fare delle belle fotografie. La sapienza in un campo.

Vaso e ikebana di Silvia Barucci
Vaso e ikebana di Giusi Borghini
Vaso e ikebana di Natalia Calderon
Vaso e ikebana di Cristina Dagestad
Vaso e ikebana di Lucio Farinelli
Vaso e ikebana di Ilaria Mibelli
Vaso e ikebana di Elena Palade
Vaso e ikebana di Silvia Pescetelli
Vaso e ikebana di Luca Ramacciotti
Vaso e ikebana di Daniela Anca Turdean

Ma c’era anche una sorpresa per tutti da parte dei Raciti… ovvero farci apprendere come viene realizzato uno stampo in gesso.

Ognuno di noi ha avuto un blocco di argilla per ideare un vaso. Ci ha spiegato come fare questo stampo “positivo”, quali dettagli poter mettere in evidenza e quali si sarebbero invece persi oppure avrebbero potuto costituire un problema al momento del colaggio del gesso che ci ha insegnato a preparare.

Ottenuti gli stampi “negativi” ci ha insegnato a ricreare il positivo con la tecnica della carta pesta.

3 giorni intensi allietati da persone meravigliose, vecchi e nuovi amici e belle cene.

Finalmente un workshop (e internazionale) dal vivo dopo 3 anni di pandemia e la felicità di aver incontrato anche un’altra allieva della nostra maestra Mika Otani.

Per me l’ikebana sarà sempre e solo questo. Condividere esperienze con amici e non “limitarsi solo” a fare una composizione floreale, ma, proprio come fa la Sogetsu, inglobarvi tutto ciò che è arte.

Workshop come questo che Raciti ci ha ideato sono preziosissimi per la crescita di un ikebanista perché non solo abbiamo avuto degli imput su come creare un vaso, ma nozioni importantissime di tecnica che potremo riapplicare in vari contesti.

Ringrazio quindi lui e Maria Pia (voce inglese, collaboratrice, social menager, ma soprattutto simpaticissima) per come hanno organizzato e ideato il tutto perfettamente; Matteo ha saputo spiegare tutto con esempi “semplici” e chiari facendoci davvero apprendere bene e con una generosità di nozioni davvero impressionante.

Ringrazio soprattutto coloro che hanno compreso l’importanza di questo workshop aderendovi e andando subito a riempire i pochi posti disponibili.

Per l’occasione abbiamo anche effettuato la consegna dei diplomi da maestre a Silvia Pescetelli e a Daniela Anca Turdean.

Le fotografie e i video di questo articolo sono stati realizzati da Ursula Altenbach, Natalia Calderon, Angelo Paionni, Daniela Anca Turdean e dal sottoscritto.

Concentus Study Group

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Quando nel 2005 iniziai lo studio dell’ikebana a malapena si sapeva cosa fosse internet figuriamoci i social media.

All’epoca c’era Flickr e lo salutai con gioia perché mi diede la possibilità di entrare in contatto con altri ikebanisti Sogetsu di tutto il mondo dato che all’epoca in Italia eravamo quattro gatti sapruti e dei dintorni di Roma (a volte quando penso che noi abbiamo allievi che hanno poi creato dei loro punti di insegnamento a Merano, a Venezia, in Svizzera, in Toscana, in Romania e, prossimamente, a Ivrea e in Israele mi pare impossibile!).

Per me lo sviluppo dei social era una cosa positiva proprio per scambio di idee e vedute e in fin dei conti abbiamo così conosciuto la nostra insegnante Mika Otani e molti altri valenti colleghi.

Quello che non avevo messo in conto che le persone avrebbero solo cercato di mettere su una vetrina senza che dietro vi fosse nulla di valore.

L’importante è pubblicare, pubblicare, pubblicare ed avere like e followers.

Se quello che pubblichiamo non è corretto ci importa poco in confronto ai 400 like messi dalle persone che magari sono le stesse che le mettono anche a quello che batte una sederata in terra…

Ci si sente autorizzati a pubblicare qualsiasi cosa soprattutto se ci siamo fatti conoscere.

Si spaccia per ikebana cose che nemmeno sarebbero degne di flower arrangement o figli generati dal tritatutto e dall’attack.

Più la cosa è strana o fatta male, piatta, senza estetica e più piace perché ci pare che anche noi si possa farla senza tanti sforzi.

Ci lodiamo pubblicamente che stiamo studiando ikebana e non se ne conoscono realmente stili o tecniche, nei gruppi su Facebook si spacciano per ikebana cose sterili di persone che non sono mai andate a lezione.

Circoli viziosi di amici che si mettono i like a vicenda.

E in tutto questo dove è la vera arte dell’ikebana? Il sentiero dei fiori?

E’ la sfuocato in lontananza dietro all’apparire.

Ci basta dire che stiamo rappresentando una scuola, fare la coda di pavone e pubblicare esercizi di art attack che poi al 90% dei casi sono sempre uguali con piccole variazioni.

Se non altro è passata la mania di spacciare per ikebana delle piramidi di forchette incastrate tra di loro, ma per il resto lo sconforto è immenso.

Di recente ho visto massicci esercizi di roba vegetale ammucchiata senza senso, senza profondità, senza un’idea precisa e altri con materiali messi a casaccio assieme da, probabilmente, persone daltoniche.

Mi chiedo cosa me lo faccia fare ancora di insegnare alle allieve cercando di dar loro quei principi base importanti, quelle correzioni se il fine è solo quello di pubblicare una foto che sia corretta o meno o con l’inquadratura giusta?

Abbiamo deciso di realizzare un workshop con un esperto artista della cartapesta e si son visti subito maestri correre a dimostrare che anche loro sanno costruire vasi con materiali non ceramici e… non ho visto nulla di soddisfacente perché non è possibile che tutti sappiano fare tutto per quello noi collaboriamo con professionisti del settore.

Però è stancante perché ormai è la battaglia delle Termopili.

Non si fa ikebana per portare la bellezza e la poesia nella propria vita o un guizzo di creatività.

Lo si fa per la coda da pavone o per guadagno pecuniario scrivendo ovunque i cartellini dei prezzi come si fosse al supermercato.

Peccato.

Concentus Study Group

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“San Giovanni non vuole inganni” è un proverbio di origine toscana e, infatti, San Giovanni Battista è patrono di Firenze. Il proverbio è di origine medievale e trae significato dalla moneta in uso a quell’epoca, il fiorino, così chiamato proprio perché da un lato era raffigurato il giglio fiorentino mentre sull’altro vi era l’effige di San Giovanni Battista, già allora patrono della città. L’espressione “San Giovanni non vuole inganni” voleva significare che, da una parte, l’immagine era garanzia di autenticità e, dall’altra, la figura del Santo rendeva difficile ogni falsificazione. Inoltre, l’immagine avvertiva che qualsiasi copia falsa della moneta era non solo un atto vergognoso, ma anche un grave reato condannabile dalla legge. 

E a San Giovanni è legata una tradizione floreale che percorre tutta la nostra penisola ovvero quella dell’infuso di fiori.

Il 23 giugno, la notte che precede la nascita di San Giovanni Battista, è da sempre considerata una notte magica, durante la quale si celebrano riti propiziatori e purificatori questo perché, come molte tradizioni cattoliche, fu innestata, per diffondersi, su riti pagani e, in questo caso, quelli legati al solstizio d’estate. Il solstizio d’estate, infatti, segna l’inizio della nuova bella stagione e cade nel giorno più lungo dell’anno quando la natura giunge al massimo splendore. Nonostante la forte rinascita, bisogna prestare attenzione agli eventi sfortunati come siccità, forti temporali o malattie delle piante, che rovinerebbero i raccolti.

Per scongiurare le avversità, si facevano (fanno) falò propiziatori che rappresentano il sole e si prepara l’acqua di San Giovanni per raccogliere la rugiada, che simboleggia la luna. L’acqua di San Giovanni porterebbe fortuna e prosperità grazie all’incredibile potenza dei fiori e sarebbe in grado di proteggere i raccolti, allontanando le calamità.

Questa acqua si prepara per sfruttare la forza e la potenza di piante e fiori intrisi della rugiada degli Dei.
Si crede infatti che durante la notte di San Giovanni cada la rugiada degli Dei, capace di influenzare piante e fiori donando loro una particolare forza: il solstizio d’estate sarebbe la porta attraverso cui gli Dei fanno passare i nuovi nati, proprio sotto forma di rugiada.

La leggenda vuole che questa acqua magica porti fortuna, amore e salute, e che sia capace di allontanare malattie e calamità e di proteggere i raccolti.
Per preparare l’acqua di San Giovanni bisogna raccogliere una misticanza di erbe e fiori spontanei. Nella scelta dei fiori e delle erbe non esiste una vera e propria regola. Generalmente ci si lascia ispirare dal proprio istinto scegliendo tra le specie che si hanno a disposizione.

Solitamente in questo periodo si raccolgono i fiori di iperico, lavanda, artemisia e malva e fiori e foglie di menta, rosmarino e salvia. Si possono trovare e raccogliere anche i fiordalisi, i papaveri, le rose o la camomilla, in base alle fioriture presenti nel proprio territorio.

Si raccomanda di rispettare la natura durante la raccolta delle erbe, di non raccogliere quantità eccessive di esemplari e di non estirpare le piante alla radice (questo per ricollegarsi proprio a quanto detto prima su improvvisi murtamenti climatici, siccità, malattie delle piante e acquazzoni).
Dopo il tramonto, le erbe raccolte vanno messe in acqua e si lasciano all’esterno per tutta la notte, così che possano assorbire la rugiada del mattino. Le erbe raccoglieranno la rugiada e da essa acquisiranno proprietà magiche.

La mattina del 24 giugno, l’acqua di San Giovanni si utilizza per lavare mani e viso, in una sorta di rituale propiziatorio e di purificazione che porterà amore, fortuna e salute.

Da me a Viareggio si fa anche il “veliero” ovvero in una caraffa colma di acqua si fa scivolare lentamente un albume e lo si lascia fuori all’aria. Se la mattina, ghiacciandosi, l’albume avrà assunto la forma di una vela questo sarà un segno propiziatorio di buona fortuna.

Ma perché vi racconto tutto ciò?

Per due motivi anzi tre.

Il primo è che credo fortmente che tutto ciò che è di tradizione vada sempre mantenuto vivo. Le tradizioni sono rituali e fanno bene alla mente e al corpo e sono lo strato di cultura da cui proveniamo.

Il secondo è che nella scuola Sogetsu abbiamo una composizione denominata ukibana (o floating) in cui i fiori recisi “galleggiano” in una ciotola d’acqua.

La terza, e forse la più bella, che alcune mie allieve hanno preparato la loro acqua di San Giovanni compresa Fiammetta che ha mandato la sua foto da Israele dove vive.

Silvia Barucci
Fiammetta Martegani

E buona estate a tutti!

Concentus Study Group

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Quanda è nata l’idea di andare in Sicilia per fare una mostra e dimostrazione di ikebana ero felice per due motivi. Il primo, personalissimo, che sarei tornato in quella stupenda regione che amo molto e il secondo che, per la prima volta, la Sogetsu sarebbe stata rappresentata in Sicilia con le attività di un gruppo ufficiale (una delle nostre tante prime volte, dal collaborare coi profumi d’autore, all’alta moda, alla cucina stellata, agli artisti ecc.). Ci meravigliamo sempre di quante prime volte abbiamo alle spalle, cose che in Italia non ha mai fatto nessuno e che in Europa incominicano ora a eseguire invece di limitarsi semplicemente a fare un ikebana “fine a se stesso”.

Del gruppo, oltre al sottoscritto, avrebbero fatto parte Lucio Farinelli, Ilaria Mibelli e Silvia Pescetelli.

Ma come si organizza una mostra di ikebana in Sicilia? Semplice ci si rivolge ai locali ovvero nel mio caso ad un soprano (Micaela Sarah D’Alessandro) con cui ho avuto la fortuna e l’onore di lavorare più volte e il cui marito Giacomo Grippaldi è comproprietario, assieme a Carmelo indelicato, dell’Agenzia Sicilying, ovvero il non plus ultra se vogliamo davvero conoscere questa terra incantata scoprendo anche luoghi, cibi e altro che solo i locali sanno consigliare e perfettamente.

Loro ci hanno messo in contatto con l’artista Magda Fasano che ci ha ospitato nel suo atelier “Folk” mettendo a nostra disposizione i suoi meravigliosi manufatti ceramici e Francesca Giardinaro (Intrecci di fiori e d’arte) una marea di materiale vegetale spettacolare e locale (per noi fattore molto importante).

Nessuno di noi però, pur conoscendo l’ospitalità e il cuore dei siciliani, si sarebbe mai aspettato di essere investiti da una tale onda d’urto di sentimenti e gioia.

E’ stata una giornata indimenticabile piena di gioia, persone incuriosite e interessate, abbiamo lavorato con gioia e illustrato le caratteristiche della nostra scuola.

La ciliegina sulla torta il piacere della compagnia di Antonio Alessandria che ci ha accolti nel suo Boidoir 36 dove ci ha avvinto con le sue storie e profumi e io poi ho avuto la fortuna di rivedere cari amici del mondo dello spettacolo e della cultura. Il tutto annaffiato da abbonanti libagioni (di pesce che non ingrassa). vino e dolcezze tipiche per non parlare del M. Fiorenzo Napoli che ci ha aperto il suo atelier di Pupi, ma questa è un’altra storia e si va su un pezzo del mio cuore rimasto in quell’atelier di tradizioni e arte.

Vi lascio alle foto che Ilaria Mibelli ha realizzato per l’occasione.

Ikebana di Lucio Farinelli
Ikebana di Luca Ramacciotti
Ikebana di Ilaria Mibelli
Ikebana di Silvia Pescetelli
Ikebana di Ilaria Mibelli
Ikebana di Lucio Farinelli
Ikebana di Silvia Pescetelli
Ikebana di Lucio Farinelli
Ikebana di Luca Ramacciotti

A presto cara terra amata.

Concentus Study Group

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Lo scorso anno il maestro Farinelli propose al nostro gruppo Sogetsu di ideare degli ikebana ispirati alle canzoni in gara all’Eurovision Son Contest che poi fu vinto proprio dall’Italia.

Quest’anno Lucio ha allargato il tiro scrivendo ai vari Study Group Europei della Sogetsu, in qualità di nazione ospitante della gara, proponendo di fare ikebana ispirati alla canzone o alla bandiera della propria nazione o in base alle preferenze.

Credo siano giochi di buon vicinato divertenti, ma in realtà sono o poco considerati (c’è chi ci ha risposto che non vede la trasmisisone o non ha un apparecchio televisivo) o visti alla stregua di un gioco di alleanze e visibilità.

Tutto ciò è davvero triste se consideriamo che si sta facendo un’attività artistica volta al proprio accrescimento spirituale e sapienziale, ma è anche vero che se per un libro che chiede ikebana creati ad hoc mandiamo già cose edite, anche da anni, si comprende come il percorso non lo si stia compiendo nella giusta maniera.

Per cui il plauso va a tutti coloro che si sono divertiti in questo contest perché ricordiamoci che l’arte è unione e condivisione. Chi non la pensa così potrà avere tutti i like del mondo (acquistati con varie tipologie di azione), ma in realtà il suo cammino è statico.

Che la gara abbia inizio e che vinca la nazione e la canzone migliore perché, mai come ora, c’è bisogno di arte, musica e amicizia nel mondo.

ITALIA

Lucio Farinelli
Luca Ramacciotti
Ilaria Mibelli
Jaana Pirhonen
Silvia Pescetelli
Neicla Campi
Elena Palade

DANIMARCA

Inger Tibler

ESTONIA

Jaana Pirhonen

FINLANDIA

Maija Puonnas
Riitta Hurme
Tuija Nyrönen
Lucio Farinelli

FRANCIA

Do-Quyen Phan
Hélène Bricotte

GEORGIA

Silvia Barucci

ISRAELE

Fiammetta Martegani

MONTENEGRO

Tatjana Feldberg

PAESI BASSI

Alie Praamstra

ROMANIA

Daniela Anca Turdean
Elena Palade

Buon festival a tutti e sabato festeggeremo il nuovo vincitore nel segno dell’amicizia vera, e non solo a parole, tra nazioni.

L’appuntamento è per il prossimo anno e, se non saremo ancora noi a vincere, sarebbe carino che il paese ospitante del 2023 organizzi questa mostra virtuale.

Sicuramente aver partecipato al nostro gioco porterà fortuna ai concorrenti 🙂 🙂 🙂

Concentus Study Group

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Prendo a prestito questa frase di Renato Guttuso per il titolo di questo post perché credo ben racchiuda il mio pensiero su questa isola meravigliosa.

Due mesi fa rilasciai a Elena Torre, per la pagina regionale del giornale Il Tirreno, una mia intervista sui libri che avevano caratterizzato la mia vita e tra essi citavo “Il Gattopardo” che credo sia il libro che ho riletto più volte in assoluto.

Sia il libro, sia la bellissima riduzione filmica di Visconti, per me hanno sempre esplorato la fisicità e la bellezza della Sicilia e dei suoi abitanti. Terra che, se fossimo un popolo più accorto, è una miniera da sfruttare maggiormente per paesaggi, artisticità e cultura a partire dai miei amati Pupi che dovrebbero essere tutelati dallo Stato come forma di arte teatrale e artigianato.

Ho visitato la Sicilia solo due volte e, nonostante il campanilismo di noi toscani e il mio amore per Roma, è una terra che adoro e che avrei voluto visitare più spesso.

Ci tornerò prossimamente grazie a questo evento voluto fortemente da Sicilying che ringrazio pubblicamente anche perché ci sarà il “dopo” mostra e ci hanno organizzato un pacchetto vacanze non solo perfetto, ma calcolato al millimetro sulle voglie del sottoscritto e degli altri componenti della truppa di sbarco: Lucio Farinelli, Ilaria Mibelli e Silvia Pescetelli.

Inoltre ci hanno messo in contatto con le due realtà che daranno il via concretamente al tutto a partire dalle spettacolari ceramiche pop realizzate da Magda Masano alla fornitura di materiale vegetale locale da parte di Intrecci di Fiori e d’Arte.

Come sempre la grafica Silvia Barucci ha saputo ideare e realizzare la locandina dell’evento in maniera suggestiva.

Per la prima volta in Sicilia si terrà una mostra della scuola Sogetsu con dimostrazione annessa e, per noi, è emozionante anche perché non ci aspettavamo così tanto entusiasmo da parte loro e siamo felici che ancora una volta sia il nostro gruppo ad aprire un nuovo capitolo in Italia soprattutto dopo gli ultimi due anni passati.

Concentus Study Group

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Credo non ci sia immagine più iconica del Bacio Perugina, un cioccolatino dalla forma particolare, imitatissimo ed amatissimo racchiuso nel caratteristico astuccio a tubo.

E quest’anno questo orgoglio dell’ingegno, dell’imprenditoria e della gastronomia italiana compie ben 100 anni. La presentazione e il confezionamento del bonbon sono opera di Federico Seneca, direttore artistico della Perugina negli anni venti, che, rielaborando la rappresentazione del quadro di Francesco Hayez Il bacio, creò la tipica scatola blu con l’immagine di due innamorati e fu sempre sua l’idea di inserire i cartigli contenenti le frasi d’amore che ancora oggi caratterizzano lo storico cioccolatino.

Il Bacio fu un’idea di Luisa Spagnoli. Si trattava di impastare, con altro cioccolato, i frammenti di nocciola che venivano gettati durante la lavorazione dei dolciumi. Ne venne fuori uno strano cioccolatino dalla forma irregolare, che ricordava l’immagine di un pugno chiuso, dove la nocca più sporgente era rappresentata da una nocciola intera. Fu chiamato per questo “Cazzotto”.

Giovanni Buitoni, contemporaneamente amministratore delegato della Perugina e presidente della Buitoni, non convinto che fosse una buona idea proporre dei cioccolatini da regalare denominati “cazzotto”, volle ribattezzarli con un nome più adatto. Nacque così il “Bacio” Perugina. I primi cartigli apparvero negli anni trenta, anche se Federico Seneca, l’allora direttore artistico dell’azienda, non li ritenne inizialmente romantici come quelli che conosciamo oggi.

Una versione che ha il sapore della leggenda ci racconta che Luisa avesse l’abitudine di scrivere brevi messaggi al suo amante Giovanni Buitoni, avvolgendoli attorno ai cioccolatini che poi gli mandava perché li controllasse. Pare che Federico Seneca ispirandosi alla suddetta inconfessata storia d’amore volle legare per sempre questo dolce pensiero al cioccolatino. Così oggi tra il cioccolatino e l’incarto argentato troviamo ancora un messaggio scritto in varie lingue.

Negli anni ci sono state varie versioni del celebre Bacio con edizioni limited come quella al cioccolato bianco e nocciole o al cioccolato Ruby e, per festeggiare questo importante compleanno, la Perugina ha chiamato in campo gli stilisti Dolce e Gabbana per il packaging e ha varato anche due nuove versioni per l’occasione: cioccolato bianco e cristalli di limone e quelli invece con cristalli di lampone.

Essendo da sempre diciamo un appassionato di cioccolato e anche un poco romantico non potevo lasciar passare inosservato questo anniversario per cui ho chiesto al gruppo dei maestri di realizzare degli ikebana ispirati a questa bandiera dolciaria del nostro paese.

Questo ha comportato il di dover acquistare e consumare le varie versioni del celebre cioccoltino, ma questi sono sono sacrifici che facciamo volentieri per l’ikebana.

Ringrazio le maestre che hanno potuto partecipare e l’ingegno che hanno messo nei loro elaborati.

Ikebana e foto di Luca Ramacciotti
Ikebana e foto di Lucio Farinelli
Ikebana e foto di Silvia Barucci
Ikebana e foto di Ilaria Mibelli
Ikebana e foto di Daniela Anca Turdean
Ikebana e video di Daniela Anca Turdean
Ikebana e foto di Rumiana Uzunova
Ikebana e foto di Silvia Pescetelli

Concentus Study Group

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Durante il carnevale di Viareggio del 2018 mi attirò l’attenzione una delle maschere isolate dal titolo “Al cospetto del sig. Ego”. Per un problema relativo alla sim della reflex di quella costruzione conservo solo due fotografie e me ne dispiace perché era innovativa sia per concetto sia per esecuzione. Non conoscevo l’autore, ma seppi che vinse con quel suo lavoro il primo premio.

Se quel lavoro mi era piaciuto l’anno successivò realizzò quella che per me resta ancora una delle maschere isolate insuperata per idea, bellezza e malinconia. Si trattava di “Bel Paese volo via”.

Questa figura in volo, dal volto malinconico, la cui maschera la tramutava in un uccello, lo sguardo triste di chi parte, ma anche speranzoso di ciò che l’avvenire può destinargli mi colpì talmente tanto che non ricordo nemmeno quante foto gli feci. E fu in quell’occasione che conobbi il suo costruttore: Matteo Raciti.

Non sapevo nulla di lui, ma il suo gusto innato, la sua bravura e teatralità mi avevano davvero sorpreso. Quell’anno si classificò (per me ancora resta un mistero perché non vinse) secondo.

Nel 2020 realizzò”I disagi di Gulliver” con cui vinse il primo premio accedendo così alle mascherate di gruppo per l’anno successivo. Ricordo la sua felicità per la meritatissima vittoria e io che iniziai a tampinarlo perché volevo che facesse un workshop di cartapesta alle mie allieve.

Un po’ la pandemia, un po’ Matteo che ha sempre mille progetti per la testa e, per sua fortuna, molti incarichi il progetto rimaneva latente, ma io ero più cocciuto del coronavirus a tenacia e continuavo a martellarlo di richieste 🙂

Tra una sua mostra e l’altra (è anche uno scultore non indifferente!) portava avnti il suo progetto per la prima mascherata di gruppo che avrebbe realizzato e, siccome non è uno che gioca facile, aveva portato un tema difficilissimo ovvero quello dei disturbi mentali: “Da vicino nessuno è normale”.

Si classifica al III posto.

Quest’anno, tra un corso e l’altro, ho continuato a tampinarlo per il workshop di ikebana sapendo quanto sia occupato e quotato a livello artistico, ma ci tenevo davvero a realizzare questo progetto.

Se lo scorso anno aveva iniziato un’idea di coreografia assieme alle mascherate quest’anno con “Qui e ora” (che gli ha valso il II posto) ha presentato un vero e proprio atto teatrale.

Finalmente sono riuscito a fargli ritagliare un fine settimana tra i suoi numerosi impegni che possa dedicare a tutti noi.

Realizzare un vaso in cartapesta seguendo l’iter classico non sarebbe fattibile in un solo fine settimana perché ci sono vari passaggi che richiedono molto tempo, ma Raciti ha escogitato una formula che ci permetterà di imparare realmente a fare la carta pesta andando ad ottimizzare i tempi.

Al termine ogni partecipante non solo avrà un suo personale vaso in cartapesta da utilizzare, ma anche sul momento vi realizzerà un ikebana.

Sono davvero felice di questo progetto che sono sicuro risulterà interessante per i partecipanti perché impareranno un’arte tradizionale e soprattutto che, dopo lo stop pandemico, torniamo di nuovo a fare un workshop legato all’arte dell’ikebana in Italia. Il workshop che la maestra Mika Otani tenne presso il Concentus Study Group fu l’ultimo realizzato in Italia. Che si sia di nuovo noi a ripartire lo vedo come un simbolo che tutta questa dollia ormai sia al termine.

Per informazioni: Sogetsu Italia

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Quando mi chiedono cosa sia l’ikebana la risposta più semplice è: arte dei fiori giapponesi. Non è facile sintetizzare anni e anni di studio senza fare una conferenza anche perché, spesso e purtroppo, l’ikebana in Europa è pensato (e purtroppo anche realizzato) come qualcosa di strano quando, se vediamo gli artisti giapponesi, in realtà è un’applicare concetti e forme in maniera creativa.

Mi spiego meglio. Se facciamo degli ikebana ispirati all’inverno metterci dei pezzi di ghiaccio è tautologico e didascalico. Dovremmo creare qualcosa che ci ricordi quella stagione. Come è abbastanza ormai noioso continuare a vedere ikebana fatti con le forchette (spesso solo mere sculture che non hanno nulla dei principi dell’ikebana realizzato con il solo materiale non convenzionale) o con stecchette o con bucce di cipolla… insomma va bene essere creativi, ma ricordiamoci sempre la grande lezione dello scultore Manzoni per criticare l’andazzo di una certa arte moderna.

Certamente è più facile fare la cosa strana, che la gente per non sembrare che non la capisca ti scrive che è bello o mette i like, che non andare a decontestualizzare gli ikebana proprio come fanno in Giappone.

Per tale motivo con il mio gruppo non siamo mai andati a fare cose forzatamente strane, ma abbiamo portato l’ikebana fuori dal suo consueto contesto (profumi, chef, moda ecc) come nessuno ha mai fatto prima in Italia (e in Europa). Questo è veramente pensare fuori dagli schemi perché se devi fare un ikebana che ricordi un determinato piatto o un profumo, la gente che lo vedrà, automaticamente, dovrà avere in mente quell’associazione.

Personalmente ho visto come i principi e l’estetica dell’ikebana abbia ormai da anni influenzato il mio lavoro anche perché volutamente ho iniziato ad applicarli alla messa in scena sia visivamente sia quando devo preparare un numero con un performer.

Partendo dall’idea vedo quali elementi tra di loro combaciano perfettamente, quali possano dare un contrasto interessante, cosa è superfluo, cosa mi dà idea di movimento ecc.

Non mi sarei mai aspetttao però di presentare queste mie idee e l’ikebana a dei prestigiatori professionisti anche perché temevo di annoiarli e invece li ringrazio per le domande molto interessanti poste al termine del mio intervento.

Il Magic Workgroup capitanato da Filippo Cignitti, mi aveva chiesto di tenere ieri un mio intervento durante la serata dove i vari prestigiatori presentavano idee ed effetti da loro creati. Incontri per me molto stimolanti perché mi danno spunti e imput inerenti al mio lavoro e sono fondamentali le discussioni che seguono ai vari numeri presentati tutti col fine di sviscerare al meglio la presentazione.

Ho riflettutto su come far comprendere cosa fosse l’ikebana e, nello stesso tempo, come l’applichi a regie e scene e, ricorrendo alle foto di alcuni miei lavori che scorrevano sul mio pc, ho delineato una scaletta con continui riferimenti alla messa in scena.

E’ stato molto stimolante fare questo percorso anche perché è una parte legata a un altro progetto che ho in dirittura d’arrivo, ma soprattutto io penso che se si fa arte o spettacolo dobbiamo essere curiosi e interessati a qualsiasi argomento che può, un giorno essere uno spunto, una riflessione per un atto teatrale.

Concentus Study Group

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Se il titolo è tratto da una celebre aria de “La forza del destino” di Verdi questa litografia è invece nota come “Bouquet of Peace“. Fu ideata da Picasso come manifesto in occasione del summit sulla pace (movimento a cui lui aveva aderito dopo la Seconda Guerra Mondiale) che si svolse a Stoccolma dal 16 al 22 Luglio 1958. Autografata da Picasso fu prodotta in 200 copie numerate.

Perché tutto questo? Ovviamente per i momenti storici che stiamo vivendo.

L’Head Quarter della Sogetsu ha lanciato il seguente appello: “With hopes of peace in each flower we touch. What we can do together now. Ikeru is the act of ikebana. Post your work with the hashtags. #ikeruforpeace #ikebanaforpeace” Quindi con alcune maestre del gruppo e allieve abbiamo deciso di esprimerci al meglio su questo tema, che non entra nello specifico, ma che, appunto invita, a stare tutti in una condizione di pace. Se consideriamo gli anni lasciati alle spalle è evidente che abbiamo sofferto molto e ci sono state tantissime morti per cui ora vorremmo respirare tutti.

Prima di lasciarvi ai nostri lavori, un piccolo pensiero musicale. Prima citavo “La forza del destino” di Verdi, noto anticlericale, perché vi è un’aria il cui titolo si presta molto al momento e che ho usato per il titolo di questo post, ma c’è anche questo celebre coro “La Vergine degli Angeli” tanto mistico quanto struggente. E ricordo che Verdi non era decisamente un uomo di chiesa, ma la pace e i sentimenti positivi sono desiderati da tutti. Proprio per tale motivo i maestri Farinelli, Barucci e Mibelli hanno ideato tre ikebana completamente differenti partendo dal medesimo contenitore.

Ikebana di Lucio Farinelli
Ikebana di Luca Ramacciotti
Ikebana di Silvia Barucci
Ilaria Mibelli
Ikebana di Silvia Pescetelli
Ikebana di Fiammetta Martegani
Ikebana di Elena Palade – suiban di Luca Pedone

Concenstus Study Group

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