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19 febbraio 2022 Scrivere con la luce
Il 25 gennaio scorso annunciavo il corso online che si sarebbe svolto con il fotografo Andrea Lippi organizzato dal vulcanico Carlo Scafuro ideatore anche di TAKUMI lifestyle (che ringrazio anche per la coordinazione del tutto).
Del primo incontro ho visto la registrazione perché ero impegnato, ma subito mi sono accorto che Lippi aveva condensato in un’ora e mezzo moltissimi concetti teorici e pratici che avevano rivoluzionato le poche certezze che credevo di avere sul mondo della fotografia.
Le foto all’inizio le facevo con una mia piccola compatta, la mia prima macchinetta digitale. Le opzioni di luce erano due. Nel sotterraneo della casa della mia insegnante dove c’erano due lampadine accese o a casa sfruttando la luce dalla finestra. Stop.


All’epoca ero uno dei pochi che avevano l’antesignano dell’odierno smartphone ovvero il BlackBerry Curve, ma le foto erano leggermente guardabili anche perché serviva soprattutto per telefonare e vedere la mail.
Al di là della bruttezza dell’ikebana (ma questo all’epoca passava il convento) le foto erano di questo genere.
Oltre, ripeto, la bruttezza del lavoro da me svolto e gli errori tecnici, basta vedere come sono bruciate le iris per capire gli errori, ma sia io, sia il M. Lucio Farinelli si andava a tentoni non essendo coaudiuvati da nessuno. E non vi dico che orrori pubblicammo sulla prima versione del nostro sito tentando di eliminare quadri e centrini nelle foto fatte a lezione.
Nemmeno con la seconda insegnante le cose andarono meglio dal punto di vista fotografico visto che lo spazio era abbastanza buio e con le pareti colorate, ma soprattutto nessuno (e già esistevano Flickr e Myspace) comprendeva come la fotografia si stesse per imporre a 360° diventando un mezzo di comunicazione davvero alla portata di tutti. Anzi una delle insegnanti avrebbe preferito che disegnassimo gli ikebana realizzati invece di fotografarli.

Nel frattempo era morta (letteralmente) la mia compattina e passavo alla mia prima reflex comperandone una, su consiglio di Lorenzo Palombini, adatta alle mie esigenze mentre mio fratello per Natale mi regalava un cavalletto. Da un negozio di stoffa al metro comprai dei lenzuoli neri, bianchi e blu e quelli furono i nostri primi sfondi. Ma eravamo ancora di luce naturale anche se tra reflex e cavalletto la sfangavamo… tanto che io ci vinsi il concorso della Sogetsu.

Rispetto al passato ci sentivamo già più bravini, ma per fare una foto si accendeva un cero alla Madonna e si diceva il rosario nell’attesa che arrivasse la grazia e uno degli scatti fosse pubblicabile.
Poi fu la luce con ombrellini e softbox! Alternavamo i teli (che andavano sempre stirati!) ai fondali, che mi regalò sempre mio fratello, ai fogli di cartoncino bristol come ci aveva insegnato Palombini.
Perché tutto questo amarcord? Perché oggi abbiamo smartphone sofisticati e ci illudiamo di poterli sostituire alle macchine fotografiche (i cui costi nel tempo sono andati davvero ad abbassarsi soprattutto se comprendiamo che non ci serve un’attrezzatura da National Geographic) e qui mi ricollego al corso (dove comunque Lippi ha spiegato pro e contro degli smartphone e anche come usarli).
Ho seguito vari corsi di fotografi professionisti e anche di persone hobbiste e siceramente tra i due c’è non un divario, ma un burrone. I primi (i professionisti) sanno insegnarti in maniera pratica e anche adottando soluzioni piuttosto economiche o “casalinghe”, i secondi ti fanno comperare di botto attrezzature sofisticate che forse utilizzerai al 45% proprio perché non hanno l’esperienza sul campo. Lippi stesso ci sta aiutando ad utilizzare ciò che abbiamo a portata di mano proprio perché non tutti possono dotarsi di determinate attrezzature.
Ieri sera seconda lezione di Lippi con esempi pratici di come andare a illuminare i fiori e i bonsai e il mondo ha assunto nuove spettacolari sfumature anche perché con pazienza ha risposto a tutte le nostre domande e dubbi.
Andrea ci ha fatto vedere con passaggi step by step come andare a mettere in risalto trasparenze, colori e dettagli dandoci davvero dei notevoli imput. Certo ci si “complica” la vita perché non ci accontentiamo di ciò che abbiamo a portata di mano, ma credo anche in questo si dimostri se amiamo davvero un’arte. Anche l’ikebana (o il bonsai) più bello fotografato male diviene brutto.
M dispiace che il 4 marzo sia l’ultima lezione prevista. Spero tanto in un nuovo ciclo di lezioni e che Lippi possa venire anche a tenerci un workshop dal vivo. Nel frattempo dovrò imparare a memoria le registrazioni delle lezioni online effettuate perché già rivedendo la prima sessione per la seconda volta ho notato nozioni che mi erano sfuggite. Perché Lippi è davvero molto generoso in questi meravigliosi incontri.
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10 febbraio 2022 What ikebana can do today
Questo è il titolo della lezione conclusiva del V libro della scuola Sogetsu (edito nel 2016), quello che ci accompagna al grado di diploma. In questa lezione si invita il futuro maestro a portare l’ikebana fuori dall’aula o dalla propria casa. Dobbiamo far conoscere alle persone questa arte attraverso le mostre, esposizioni in qualsiasi luogo dai caffè/ristoranti, alle hall degli alberghi o in altri ambiti. Non dice di fare la “cosa strana”, ma di far conoscere a tutti questa arte nella sua realtà… vera.
Voglio dire se io metto insieme dei pezzi di platica oppure un ramo in un vaso non spiegherò alle persone una beata cippa di questa arte. Certo è più facile conquistare le persone con la composizione strana o mettere due rami e un fiore e far comprendere che tutti possono fare quella composizione, MA non è onesto. L’ikebana, come tutte le arti ha delle sue regole e principi e non è facile farla se non la si studia correttamente.
Sinceramente ancor prima dell’uscita di questo libro con il mio gruppo già avevamo portato (i primi in Italia) l’ikebana in altri ambiti come nel 2011 a Vicenza (Gioielli Antonella Piacenti) o a Roma (i profumi di Campomarzio70) o Milano (Chef Matteo Torretta) o in trasmissioni come “Banzai” su Ryar Webradio (2014) o l’ikebana per il Gran Teatro Giacomo Puccini (2011) per elencare solo alcune delle collaborazioni.
A me piacciono queste commistioni perché ci arricchiscono personalmente, ci fanno crescere e danno nuove idee e stimoli.
Sinceramente con il mio gruppo abbiamo sempre trovato fortunatamente persone straordinarie che ci hanno aiutato in questo senso con collaborazione di alto livello che hanno dato nuovi imput alla nostra arte.
In questo mese e nel prossimo avrò l’onore di due eventi davvero molto particolari in cui portare l’arte dell’ikebana.
Il primo sarà una diretta live mercoledì prossimo 16 febbraio alle ore 18.30 che si svolgerà sulla piattaforma di Instagram. Sarò ospite di Stregadelcastello alias Caterina Roncati. Il nome vi suona familiare? Sì ho già parlato di questa straordinaria creatrice di profumi.
Un piccolo inciso prima di proseguire sempre sul significato della lezione del V anno di cui ho parlato. Da sempre appassionato di profumi quando nel 2014 lessi il romanzo di Cristina Caboni “Il sentiero dei profumi” trovai in appendice nei ringraziamenti due nomi allora per me sconosciuti ovvero quelli di Caterina e di Marika Vecchiattini e decisi di conoscerle. E si spalancò un mondo.

Caterina si segnala non solo per la particolarità dei suoi lavori, ma anche per come svolge e porta avanti la sua passione. Chi mi conosce sa che, se esprimo una mia opinione, lo faccio con molta onestà e sincerità perché non riesco a dire qualcosa di diverso da ciò che penso e Caterina davvero schiude mondi particolari nell’ambito dei profumi.

Infatti con lei ho seguito due suoi corsi online nati dall’obbligo di non potersi incontrare causa pandemia, ma che, personalmente, mi hanno permesso di poter partecipare cosa che dal vivo, probabilmente non sarebbe stato possibile. Il secondo corso si svolse infatti mentre io lavoravo a Modena al Teatro “Pavarotti Freni” per cui sarebbe stato impossibile andare da lei. I suoi corsi online sono perfettamente organizzati perché arriva a casa un kit (a me arrivò in teatro per quella occasione e ricordo le felici corse a fine prova per arrivare al mio appartamento e partecipare al seminario) con tutto il necessario.. e di più! Infatti Catrina ha sempre inserito anche stoffe o fotografie o altro materiale tattile che ci aiutasse nel percorso di studio partendo, giustamente, inizialmente dalle materie prime. Mi accorsi quando negli anni ’80 feci il corso da sommelier, che molte persone non sapevano riconoscere nel vino sentori basici come la crosta del pane, frutta tropicale, albicocche o more. Abbiamo perso il senso dell’olfatto in un mondo industrializzato dove si trovano le peonie anche a dicembre e le fragole a novembre. Per cui uno start importantissimo.

Mercoledì prossimo quindi i nostri due canali si uniranno online proprio per parlare di profumi e ikebana e delle prossime iniziative che la vulcanica artista ha in programma per tutti noi.
Potete collegarvi dal suo profilo instagram o dal nostro.
A fine marzo (per la precisione il 25) invece parlerò de visu di ikebana ai soci del Magic Workgroup di Roma.

Perché l’abbinamento ikebana e magia? Per due motivi.
Il primo ho constato che spesso gli ikebana hanno qualcosa di magico sembrando in equilibri impossibili in natura e, come sanno gli artisti dell’ikebana, ci sono tecniche di ancoraggio invisibili all’occhio. Insomma il trucco c’è ma non si vede.
Inoltre, da quando studio i principi dell’ikebana, senza che me ne accorgessi è cambiato il mio modo di visualizzare la messa in scena. Non solo nell’ambito di un’estetica di spazio sul palcoscenico, ma anche di come vado a realizzare una regia. Nel primo caso sul palcoscenico tengo solo lo stretto necessario stando attento agli equilibri e agli spazi, nel secondo cercando di levare quei gesti, le parole non necessari e, soprattutto andando sul particolare per unire assieme il tutto e dare senso di unità.
Sarà interessante vedere prestigiatori professionisti che ne penseranno della mia idea perché, il bello di quel gruppo capitanato da Filippo Cignitti, è proprio che ognuno fa interventi e gli altri dopo li commentano. Un’altra occasione personale di arricchimento.
Due appuntamenti importanti in cui apprenderò, sicuramente, molto.
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30 gennaio 2022 Mika Otani Channel
In questi giorni è stato editato il primo video del canale online che la mia insegnante Mika Otani ha da poco inaugurato.
Il suo sito Youtube si intitola “Fun ikebana Time” e questa la sua descrizione riportata in calce al video: “Dear guests who love flowers! I’m active as an Ikebana artist. I’ve been studying Ikebana for 34 years now. Ikebana is called as Kado and the Japanese traditional flower arrangement. Fortunately I arrange many Ikebana works on movie, commercials and events. But here I’d like to show you the easy Ikebana you can enjoy at home. Mika’s website https://www.atelier-soka.com/english/ Mika’s Instagram https://www.instagram.com/mikaotani_f… This time I created the White world with Gypsophila, lily, orchid and white painted Kiwi vine. The point materials are vines. I made a movement in my structure with vines. Vines are originally brown because they are already dried. But as for dried materials, we can paint with any colors we like. I painted vines with white color with acrylic color. It’s easy and fun! If you paint them with other colors, the atmosphere will be changed and you can enjoy another Ikebana. Please try! *If you turn on the subtitles, the explanation will appear on screen. I try to update my youtube every week, but I’m not sure. Now I’m really a beginner on Youtube and shooting and editing movie is more difficult than arranging Ikebana for me. If you have any request or advise for my youtube, don’t hesitate to give me comment casually. I really appreciate if you subscribe my channel! Thank you!”

Come scrivevo nel mio precedente post di questo blog, la professionalità in questo campo è tutto e Mika ha realizzato un video che, attualmente, non ha rivali. Quanto sto per scrivere non è perchè Mika Otani è la mia insegnante. Chi mi conosce sa benissimo che se non pensassi una cosa e non vi credessi non la scriverei. Cosa che mi ha portato a contrasti in passato con altri docenti.
Infatti questo primo contributo di Mika al suo canale è perfetto in ogni senso. Non voglio stare a illustrare l’ikebana che realizza perché lo potete giudicare voi stessi seguendone la realizzazione passo passo e vedere come combina bene i materiali. Vasi bianchi, materiale vegetale bianco, rami di kiwi tinti di bianco. Tutto bianco eppure ognuno degli elementi ha una sua identità, volume e forma da non rendere il tutto piatto o banale.
Mika stessa è vestita di bianco e nero (tra poco torneremo su questo secondo colore).
Lo spazio in cui si svolge il video è lineare, “semplice” ed elegante. Una finestra sula lato sinistro e suoni di uccellini da fuori (si intravede della vegetazione). E’ subito palese che è un luogo pensato appositamente e non un posto ritagliato in una camera o nel disimpegno di casa.
Se dovessi scegliere di seguire un corso online, guardandomi attorno, sicuramente punterei su Mika Otani perché il video ha un ritmo perfetto. I tagli e il montaggio fluiscono così armonicamente da non accorgersene quasi.
E’ piuttosto palese che la regia non è improvvisata o fatta da chi fino all’altro giorno si occupava di altro, ma è studiata con riprese fontali, laterali, laterali dall’alto, il suono dell’acqua che scende nei vasi, dettagli inquadrati che non sono solo un riempitivo, ma fanno parte della narrazione.

Chi vede questo video vi trova molte suggestioni oltre all’operato vero e proprio di Mika Otani; siamo accompagnati da una musica in sottofondo e i suoni che sono caratteristici di chi fa ikebana (taglio dei rami, le cesoie che si appoggiano etc.) mentre la maestra Otani non proferisce parola lasciando che sia il tutto a parlare per lei.
Prima parlavo del nero riferito all’abito che la Otani indossa. Sono particolari che forse possono sfuggire, e probabilmente io li noto per deformazione professionale, ma guardate l’asciugamano che Mika utilizza durante il video.

Capita la finezza del gioco del bianco e nero che sovrasta su tutto? Le mattonelle alle sue spalle sono di un bianco antico, ha quinte laterali nere, l’ikebana bianco, lasciugamano nero e lei vestita di bianco e nero.
E queste finezze di eleganza pura non si imparano. Sono connaturate in chi è un professionista. Non ha realizzato un video con il palese scopo di vendere un corso. Ha illustrato come l’ikebana possa essere un mondo di bellezza ed eleganza.
Chapeau alla mia insegnante. Spero un giorno di poter essere un suo degno studente come merita.
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25 gennaio 2022 Corso di fotografia professionale
Nel mio lavoro ho imparato quanto sia importante la figura del professionista. Il professionista di un settore è colui che fa solo quel lavoro. Non è un hobbysta o un dilettante. Figure che possono assurgere a un buon livello con lo studio e la passione, ma non saranno mai come una persona che vive di quel lavoro costantemente. Resteranno sempre persone che si improvvisa in un altro campo. Se si fa un dato lavoro non possiamo diventare registi, chef o architetti all’improvviso. Per tale motivo se ho coinvolto altre persone nel mio percorso mi sono sempre rivolto a coloro che professano costantemente quella tipologia di lavoro. Se non si ha la pratica costante non diventiamo registi (o fotografi in questo caso) perché ci mettiamo dietro a un apparecchio di ripresa. Questo è un punto per me fermo, ma che in molti non capiscono e danno spazio a gente che si improvvisa e che magari, grazie ai social, può anche divenire famoso. In questo caso però la fama è scissa dall’essere un professionista.
Quando durante gli incontri indimenticabili con Luigi Gatti ci venne presentato il fotografo Andrea Lippi fu palese che eravamo ad alti livelli. Le sue foto parlano al cuore oltre che alla vista. Bastarono alcune sue specifiche ad aprirci a nuove visioni.
Per tale motivo ho subito accolto la proposta dell’amico Carlo Scafuri, altro indefesso professionista, persona di cultura e creatore del portale Takumi lifestyle, nell’aderire alla sua proposta di organizzare un ciclo di tre incontri con Lippi.
Questa la presentazione:
Tre conferenze/webinar dal titolo: “IKEBANA & BONSAI still life. Guida completa alla ricerca dello scatto perfetto attraverso il linguaggio dell’arte della luce”. Per chi non avesse il piacere di conoscerlo, Andrea Lippi si occupa di fotografia ad altissimi livelli dall’età di 23 anni. Innamoratosi della cultura orientale a seguito di un primo viaggio in Asia, dal 2015 inizia un periodo di studio sulla cultura giapponese culminato in “Lights of Japan“, la sua prima monografia sul Giappone, esposta nel 2018 ad Osaka con il patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura. Dal 4 febbraio avremo l’opportunità di “entrare” nello studio fotografico di Andrea per scoprire insieme tecniche e segreti dello still-life. In 3 incontri parleremo di teoria e poi successivamente vedremo live l’applicazione pratica dei concetti scattando le foto insieme ad Andrea. Partiremo dell’utilizzo di attrezzatura “casalinga” fino all’applicazione di illuminazione professionale… per tutti i gusti! Il primo incontro sarà venerdì 4 febbraio alle ore 21.00, i successivi due si terranno il 18 febbraio ed il 4 marzo, sempre alle ore 21.00; la durata di ogni webinar sarà orientativamente di circa 90-105minuti (piattaforma zoom).Il Workflow still-life è dedicato ad Ikebana e Bonsai ma è ovviamente impiegabile per altri soggetti! Ancora alcuni posti disponibili! Per partecipare basta iscriversi al seminario inviando una mail a takumi.lifestyle@gmail.com e versare una piccola quota di partecipazione.Per maggiori info:https://www.takumilifestyle.com/ikebana-bonsai-still-life/

Lippi mi ha chiesto come potrebbe insegnarci a fotografare gli ikebana non avendo nessuno, dato il periodo che viviamo, che possa andare nel suo studio a realizzarne uno. Anche con Scafuri abbiamo riflettutto su questa problematica e inoltre le composizioni delle varie scuole sono differenti per cui presentano differenti problematiche.
Secondo la mia personale opinione ho proposto i temi che maggiormente possono, per la mia piccola esperienza nel campo non essendo un fotografo, presentare delle problematiche quando fotografo i miei ikebana: fiori rossi, gialli o bianchi oppure elementi che si sovrappongono (l’ikebana Sogetsu è a 360° anche se spesso online si vedono solo cose frontali).
Lippi per capire meglio ciò che gli stavo chiedendo mi ha già mandato alcune foto di prova per centrare meglio il discorso.








Secondo me per un bravo ikebanista saper fotografare al meglio le sue opere è FONDAMENTALE e sono sicuro che anche questa volta il nostro percorso di crescita avrà dei punti in più.
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22 gennaio 2022 Tarocchi
Lo scorso settembre ero a Liegi per “La forza del destino” che andava in scena all’Opéra Royal de Wallonie per la regia di Gianni Santucci e sul tulle, che fungeva da sipario, era riportato un mazzo di tarocchi mescolato e lì ebbi l’idea di proporre alle mie allieeve degli ikebana ispirati a essi.
Il mio interesse per i tarocchi risale alle scuole medie quando lessi “Il castello dei destini incrociati” di Italo Calvino. Era la prima volta che incontravo i tarocchi e mi affascinò come Calvino avesse ideato ogni storia in base a quel mazzo di carte. Successivamente avrei ritrovato, nel corso della mia vita, diverse volte quel mazzo di carte sia attraverso amici interessati all’esoterismo, sia a fumetti come quelli di Dylan Dog sia per la prestigiazione perché sono usati in molti effetti, anzi consiglio i libri, per chi è interessato, di Matteo Filippini dal titolo Tarot Magic (disponibile anche nel formato ebook) e Sortilegium.
Un altro libro, che, secondo me, trova radici in quello di Calvino, è “Scrivere con i tarocchi. Dal viaggio dell’eroe al viaggio del matto. Usare i tarocchi per raccontare una storia” di Alfonso Cometti e Grazia Giardiello. Quindi i tarocchi sempre visti come un mezzo di espressione e comunicazione.
Quindi tornando a noi…. tarocchi e ikebana. Per me queste sono sfide di creatività interessanti perché attraverso il tuo lavoro devi esprimere ciò che qualcun altro ha ideato. Come scrivevo già per i lavori su Klimt trovo questi temi molto fuori dagli schemi più che fare un ikebana con le forchette perché lo strano senza vincoli è sempre più facile e alla portata di tutti da realizzare.
Dei tanti possibili mazzi da scegliere (da quelli storici come quello di Marsiglia o quello Sola Busca a quelli più moderni e a vario tema come quelli disegnati da Massimo Alfaioli) ho puntato l’attenzione su quelli di Oswald Wirth per i disegni e i colori utilizzati. Sono forse uno dei mazzi più noti e soprattutto avevo anche il suo libro in maniera da dare anche una possibile traccia tematica di interpretazione alle allieve che ne avessero fatta richiesta.
Mentre tutti sceglievano liberamente, personalmente, ho puntato subito alla carta del Bagatto per ciò che sta a significare e a tal fine mi sono anche comperato da Tra palco e realtà una delle bacchette artigianali realizzate da Orietta mentre per la coppa ho utilizzato un incensiere che comprai in Oman durante una tournée

A partire dai tarocchi marsigliesi il prestigiatore tiene il bastone nella mano sinistra, come se fosse una bacchetta magica; il giovane artista solitamente non guarda verso lo spettatore ma in un punto distante dal suo stesso tavolo. Sulla carta comincia a comparire il numero 1 in cifre romane. L’abito è rosso e blu con alcuni particolari in giallo, particolare ripreso in molti mazzi successivi.
In seguito il Bagatto è stato raffigurato anche come un artigiano intento a svolgere la sua arte nel proprio laboratorio, per poi evolversi nel Mago delle raffigurazioni cartomantiche contemporanee.
Nei tarocchi Rider-Waite l’uomo guarda lo spettatore ma questa è una rappresentazione poco seguita in seguito; è un mago che indossa un mantello rosso su una tunica bianca e sulla testa ha il simbolo dell’infinito. È circondato da fiori e ha la bacchetta nella mano destra sollevata, mentre la mano sinistra è abbassata.

Il maestro Lucio Farinelli invece ha puntato sulla carta delle Stelle.

In cielo brilla una grande stella ad otto punte, attorniata da altre sette stelle più piccole, che potrebbero rappresentare l’Orsa Maggiore oppure le Pleiadi. Il numero non è casuale, infatti l’otto è il numero dell’infinito, dell’ordine cosmico e di ciò che veglia su questa donna, richiamato anche nella dicitura dell’Arcano 17 (1+7=8).
Nei mazzi più antichi è raffigurata una donna in piedi con il viso rivolto ad una stella.

La maestra Silvia Barucci ha scelto la carta che per eccellenza spaventa i profani anche grazie a tantissimi romanzi e film/telefilm a carattere orrorifico. Una carta che spesso nemmeno è nominata, ma che nella realtà dei fatti può significare un cambiamento positivo anche visto nell’idea di cammino iniziatico (e infatti è posta a metà del mazzo) che i 22 Aracani Maggiori rappresenterebbero.

Spesso lo scheletro è avvolto in un mantello e falcia teste e membra umane tra germogli di piante. Nei tarocchi marsigliesi non veniva riportato il nome sulla lamina ma solo il numero 13, per paura che, nominandola, la morte potesse giungere inaspettata; al timore attorno a questa carta è collegato uno dei tanti atteggiamenti superstiziosi che si collegano al numero 13. In alcuni mazzi la didascalia della carta c’è ma compare come IL TREDICI, sempre per allontanarsi dal tabù della morte.
Nei tarocchi Rider-Waite è rappresentata come uno scheletro vestito con un’armatura nera su un cavallo bianco, che regge uno stendardo che raffigura una rosa a cinque petali. Al passaggio del cavaliere, un re è già caduto, alcuni fanciulli sono in agonia e un vescovo è ancora in piedi ma in procinto di cadere. Sullo sfondo il sole sta tramontando o sorgendo tra due torri.
In altri mazzi è raffigurata come Anubi, il dio egizio dei morti.

La Maestra Ilaria Mibelli ci racconta, con queste parole, la realizzazione del suo lavoro: Il Maestro Luca Ramacciotti grande appassionato di arti magiche un giorno, un giorno qualsiasi così come ce ne sono tanti, niente presagiva un tale scombussolamento, lancia un nuovo tema: “Che pensate se realizzassimo degli ikebana ispirati ai venti Arcani Maggiori?” Arcani Maggiori? Faccio fra me e me, e cosa sono? Veloce ricerca su internet e…I Tarocchi! Beh più ignorante di me su certi temi penso non ce ne sia, tutto quello che so è che ci si legge il futuro. Vabbè una senza fede alcuna, neppure alla lettura delle carte crede! Comunque la cosa mi intriga. Ci fornisce le carte a cui fare riferimento, fortunatamente, e non c’è altro che mettersi al lavoro. Ho guardato le carte per giorni, poi ne ho selezionate alcune quelle che più mi ispiravano e infine ho preso la mia decisione: La Forza sarebbe stata la mia carta. Ho realizzato il mio lavoro, Complementing an Art Work, non avrei letto il significato della carta sin dopo aver fatto l’ikebana, non volevo che potesse condizionarmi. Beh comunque in conclusione non so se sono stata io ad aver scelto la carta oppure se è stata la carta ad aver scelto me, però mi ci sono ritrovata molto.

Nei tarocchi Rider-Waite la carta presenta il numero otto, invece dell’undici, che ha invece La Giustizia, per l’influenza della posizione astrologica dei segni zodiacali del Leone e della Bilancia, simboli delle carte.

Silvia Pescetelli (in attesa di ricevere il diploma da maestra) ha scelto un’altra delle carte più temute del mazzo dai profani, ma che in realtà può anche simboleggiare un cambiamento. La lettura è sempre ambivalente e rapportata alle altre carte che hanno attorno.

Nella tradizione più antica, riconducibile ai tarocchi di Marsiglia, la carta viene definita come La Maison Dieu (“La casa Dio”) e raffigura una torre scoperchiata da cui esce una fiamma che sale al cielo.

Daniela Anca Turdean ha estratto dal mazzo degli Arcani Maggiori La luna.


Neicla Campi, che sta per iniziare il V livello del corso, ha scelto la carta dell’Imperatore.


Con piacere vedo quando un’allieva che è sempre ai primi anni (per la precisione a metà del II livello) decide di tentare queste sfide per cui ho accolto con somma gioia il lavoro di Giusi Borghini che ha deciso di provare a realizzare un ikebana ispirato alla carta del Sole.

In una versione della carta introdotta in Belgio nel XVII o XVIII secolo, un solo bambino è raffigurato, a volte nudo, mentre cavalca un cavallo bianco reggendo una bandiera scarlatta.
In altre versioni successive, in luogo dei gemelli sono raffigurati due giovani amanti.
Sullo sfondo, oltre all’immagine di un muro, sono talvolta presenti dei girasoli.

Ancora una volta ringrazio le allieve che hanno accettato la sfida e anche coloro che avrebbero voluto partecipare, ma con i tempi storici che stiamo vivendo, si sono trovate nell’impossibilità di farli.
E che le carte del destino siano sempre favorevoli al Concentus Study Group!
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11 gennaio 2022 A portata di mano
Sembra quasi impossibile che nel giro di un decennio sia tutto cambiato e in maniera così rapida.
Quando nel 2005 iniziai a studiare ikebana internet si stava diffondendo, ma non era di uso quotidiano come oggi. Anzi. Ricordo che per lavoro mi ero comprato un BlackBerry ed ero uno dei primi in Italia a essere sempre rintracciabile per email (con delle tariffe non indifferenti in base al consumo).
Su internet si trovava pochissimo sull’argomento ikebana e sui materiali necessari; ricordo che il mio primo kenzan me lo vendette, assieme alle hasami, la mia insegnante mentre il maestro Farinelli lo acquistò da Alicanti. Lì scoprimmo l’importanza di un kenzan con molti aghi e uno con aghi diradati, ma nessuno ci stava guidando. Alla stessa maniera imparammo quali vasi potevano essere utili per lo stile libero e quali no comprandone molti che poi rimasero inutilizzati.
Ricordo (e stiamo parlando di 12 anni fa non dell’altro secolo) che una volta a Parigi svaligiammo un negozietto che aveva il materiale per l’ikebana e che purtroppo stava chiudendo. Ci pareva il Paradiso. Aveva vasi e attrezzature divisi per le tre scuole principali (Ikenobo, Ohara e Sogetsu). Comprammo i kenzan anche per i colleghi di studio e ce li trascinammo per tutta Parigi felicissimi di quel peso perché era un tesoro inestimabile.
Il maestro Farinelli toccò il cielo con un dito quando su eBay (Amazon non si era ancora diffusa) trovò un’offerta di vasi e mini kenzan che vendeva un tedesco che se ne voleva disfare. Comprammo fieri tutto il pacchetto a scatola chiusa perché i vasi restavano il problema maggiore. All’epoca conoscevamo solo il CER come laboratorio di ceramica ed erano tanto perfetti quanto “lenti” e noi iniziavamo a dare lezione come maestri. Ci servivano suiban e vasi alti.
Trovammo un sito canadese perfetto, ma la botta ci arrivò addosso con il pagamento della dogana. Non abbiamo mai guardato alla rimessa economica perché volevamo che i nostri allievi avessero i giusti contenitori. Avevamo iniziato con un’associazione che ci insegnò molto nel gestire perfettamente i corsi, ma per i vasi ci eravamo dovuti un poco adattare e questo non ci andava bene.
Con il maestro Farinelli ci chiedemmo se fosse giusto investire in tanti vasi (e soldi) senza sapere se avremmo continuato a insegnare, ma decidemmo di rischiare. A me iniziava anche il corso a Livorno (2012) e lì facendo una lezione di prova non potevo portarmi dietro 8 suiban da Roma. Trovai al Mercato dei Fiori di Roma delle specie di suiban di plastica della dimensione giusta. L’unico problema gli spunzoni al centro su cui si doveva fissare la spugna che noi non usiamo per cui andavano tolti. Però era un’ottima soluzione e ero felicissimo.
Intanto internet cresceva, noi avevamo fondato su Flickr il primo gruppo dedicato all’ikebana Sogetsu e stavamo conoscendo ikebanisti da tutto il mondo e vedendo anche ciò che succedeva fuori dall’Italia, anzi da Roma. Avevamo anche una pagina dedicata all’ikebana su Myspace.
Però rimaneva sempre il problema del reperimento dei vasi e degli attrezzi e soprattutto agli allievi che iniziavano lo studio non volevamo far spendere cifre folli in kenzan e hasami per cui a lezione portavamo sempre tutto noi come si era fatto fin dall’inizio con il maestro Farinelli che studiava incroci di materiali, vasi e attrezzi.
In un primo negozio romano di giapponeserie comprammo un cestino di bambù senza sapere per quale composizione servisse o come si potesse utilizzare e nessuno ce lo sapeva indicare. Devo dire che tutto ciò che trovavamo si comprava un poco allo sbando, ma anche per testare le varie possibilità.
Poi conoscemmo il ceramista Sebastiano Allegrini e soprattutto nacque un sito ad hoc e nella vicina Germania. All’improvviso avevamo tutto a portata di mano e a varie fasce di prezzo. Le nostre allieve potevano acquistare, se lo volevano, kenzan giusti, ma soprattutto hasami economiche perché i primi due anni non essendo pratici ne roviniamo il filo. Tutte cose che a noi nessuno ci aveva insegnato, ma avevamo imparato sulla nostra pelle pagando attrezzi a prezzi alti per poi averli dovuti ricomprare dopo tre anni.
Alle nostre allieve, quelle che vogliono ascoltare e si fidano dei nostri giudizi e della nostra esperienza, indichiamo sempre cosa comperare sul sito tedesco affinché non spendano cifre folli mentre per i vasi preferiamo si affidino ai ceramisti in maniera da scegliere il colore che preferiscono e soprattutto avranno un vaso non industriale, ma anche lì libera scelta.
Ultimamente ci serviamo molto da Luca Pedone che è un bravissimo ceramista e riesce a realizzarci perfetti vasi da ikebana con un ottimo rapporto qualità/prezzo.
E poi arrivò Amazon.
Ora online si trova di tutto e di più. Dai vasi (anche suiban in resina che per i corsi sono meglio dato che in anni i vasi di ceramica si sono rotti e molte volte), ai kenzan, alle hasami. Tutto un mondo a portata di click.
Sicuramente oggi è più facile rispetto a quando abbiamo iniziato noi, ma c’è anche la possibilità di avere più imput visivi e compiere di testa propria le scelte sbagliate o sentirci frustrati se i maestri ci dicono che quel contenitore non è adatto.
Oggi abbiamo tutto e subito e questo ci fa dimenticare che invece l’ikebana è un’arte lenta.
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2 gennaio 2022 Tra ieri e domani
Solitamente a fine anno faccio un resoconto delle attività del nostro gruppo e per quanto non si sia rimasti inattivi, è ovvio che non si siano potute svolgere tutte el attività prepandemia anche perché solitamente non ci organizziamo le mostre da soli, ma siamo ospitati (Campomarzio70, Uffizi, Ara Pacis, MAXXI etc.).
Nonostante ciò abbiamo realizzato delle splendide lezioni online con personaggi del calibro di Luigi Gatti e Andrea Lippi, il maestro Lucio Farinelli ha tenuto una dimostrazione online internazionale per Indra (che ha la sede principale a Madrid e filiali in tutto il mondo), abbiamo tenuto lezioni online e per primi siamo stati a usare il Flower Bouquet della Lego negli ikebana (bisogna sempre pensare fuori dagli schemi). Ci siamo poi addentrati nello studio della natura attraverso gli scatti di Vincenzo Salemme, ma soprattutto abbiamo indetto una mostra virtuale per il Giorno della Terra che ha visto partecipare 142 artisti di ikebana (di varie scuole) letteralmente da tutto il mondo. Inoltre ai consueti appuntamenti di ikebana legati a Natale, San Valentino o Pasqua abbiamo (nella persona del maestro Farinelli) realizzato dei lavori ispirati all’Eurovision Song Contest e ai quadri di Klimt. Personalmente io ho avuto il piacere di ideare un ikebana che si “abbinasse” a quello di Elena Karetko per il tema scelto di “Yin e Yang”.
Nel frattempo abbiamo continuato a ricevere lezioni online dalla nostra maestra Mika Otani che ci ha permesso anche di salire di livello. Sinceramente io credo di aver finalmente trovato il porto giusto non solo per l’entusiasmo e la felicità con cui Mika insegna (e su questo tema ritorneremo tra poco), ma per la sua grande preparazione sia tecnica sia artistica.
Purtroppo quest’anno il nostro gruppo è stato colpito dal lutto venendo a mancare la maestra Daniela Bongiorno vera e propria colonna portante.
L’anno è proseguito con la collaborazione con l’architetto Emanuela Faicchia (Milano) e le sue ceramiche e, personalmente, abbinando un mio lavoro ad una foto del maestro Luigi Matino ispirata a “It”.
Prima parlavo delle lezioni online che ci tiene la nostra maestra Mika Otani. Lei ci spinge molto nel valicare i nostri limiti mentali, ma sempre con attinenza all’arte che studiamo, ovvero l’ikebana. E’ molto difficile pensare fuori dagli schemi rimanendo vincolati ai principi dell’ikebana. E’ molto più facile fare una composizione astratta o svincolata da contenitori o altro per fare qualcosa che può apparire ad un primo esame superficiale artistico. La difficoltà nel fare qualcosa di innovativo, ma legato alle idee dell’ikebana è anche nella tecnica prevista da questa arte. Se io metto un mazzo di fiori pigiati in un vaso o un ramo secco appoggiato a esso sarà sempre più facile del costruire un sostegno interno e ad esso ancorare ogni cosa.
Per tale motivo consiglio a tutti di vedere il video della Iemoto della Scuola ha pubblicato sulla pagina Facebook della scuola.
E’ innegabile come i grandi artisti dell’ikebana giapponese pur ideando spesso opere in cui il materiale vegetale è connesso (parola fondamentale) a materiale inerte restino sempre nell’ambito dell’ikebana senza sfociare in quello della scultura e diano al tutto un afflato sempre di dolcezza e poesia e mai qualcosa di freddo, duro e statico.
Nella prima composizione realizzata dalla Iemoto è palese che all’interno del vaso vi sia già qualcosa predisposto per l’ancoraggio e questo deve far comprendere a tutti quanto sia fondamentale la preparazione interna del vaso. Se mettiamo un fiore appoggiato sul bordo del vaso… bè non serve studiare ikebana.
Inoltre la Iemoto fa delle affermazioni piuttosto importanti che riporto qui sotto.
Pur sottolineando che è importante cercare di uscire dai propri schemi mentali sostiene che:

Può sembrare un’affermazione banale e scontata, ma credetemi, per esperienza personale, posso affermare che non è così. Conoscevo una maestra che faceva usare i fiori o i vasi che all’allievo non piacevano e questo a ogni lezione. Se l’esercizio può essere utile (ovvero saper utilizzare tutto anche ciò che non piace), alla lunga diviene solo punitivo e mortificante.


Ma andiamo avanti. Il maestro Farinelli dice sempre a proposito degli ikebana: “Questo che hai fatto lo vorresti nel tuo salotto”? Ora probabilmente, da parte di chi ha eseguito quel lavoro, la risposta è affermativa, ma credo serva sempre vedere il proprio operato con occhio critico per cui la seguente affermazione della Iemoto è bene sia chiara nella nostra mente.

Quindi cosa vogliamo trasmettere di noi attraverso il nostro lavoro? I due ikebana che la Iemoto ha proposto sono palesemente nel suo stile, non potrebbe averli fatti un’altra persona. Si riconoscono le sue idee, le sue passioni (da qui la foto di copertina dell’opera che il Maestro Alafioli fece per noi in occasione del workshop italiano di Mika Otani) eppure la natura è la vera protagonista- Si comprende l’amore, lo studio e la passione che la Iemoto ha in quest’arte.
La stessa che speriamo di realizzare costantemente noi e il nostro gruppo.
Negli anni siamo cresciuti numericamente molto, per fortuna, ci siamo compattati (anche se con qualche scossone come in tutte le associazioni) e, soprattutto, ci divertiamo nello studiare assieme. Per mia decisione non diverremo mai un Branch (ci fu proposto nel 2019 dalla scuola) perché non ci interessa. Noi vogliamo solo adoperarci al meglio in nome della scuola con la massima onestà e trasparenza senza mai inventarci alunché. Non ci interessa fare la coda di pavone.
Personalmente so, e il maestro Farinelli condivide, che studiare con Mika ci dà una gioia mai provata con nessun insegnante prima e ogni volta che seguiamo una sua lezione non solo impariamo idee e tecniche, ma dopo abbiamo un’entusiasmo a palla.
Per questo vorrei ringraziarla pubblicamente e vi lascio con i lavori realizzati per il tema del Natale.


e per l’Anno Nuovo.


Nell’augurio di tornare finalmente a respirare vi lascio con un’immagine emblematica tratta dal bellissimo lavoro di Davide Livermore “A teatro si respira la vita“.

Buon 2022!
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13 dicembre 2021 Klimt. La Secessione e l’Italia
Con l’esposizione Klimt. La Secessione e l’Italia l’artista austriaco torna a Roma, dove 110 anni fa, dopo aver partecipato con una sala personale alla Biennale di Venezia del 1910, fu premiato all’Esposizione Internazionale dʼArte del 1911.
La mostra ripercorre le tappe dell’intera parabola artistica di Gustav Klimt, ne sottolinea il ruolo di cofondatore della Secessione viennese e – per la prima volta – indaga sul suo rapporto con l’Italia, narrando dei suoi viaggi e dei suoi successi espositivi anche attraverso cartoline con dedica che l’artista inviò da varie città italiane.
Il maestro Lucio Farinelli, da sempre appassionato di Klimt e del periodo artistico di quell’epoca, ha quindi ideato, dopo aver visitato la mostra, una sfida per i maestri del gruppo e le allieve che avevano terminato il quinto livello, ovvero ideare degli ikebana ispirati a un quadro di questo straordinario artista.
Come si può vedere dal nostro album “Special Lessons” non è la prima volta che proponiamo al nostro gruppo questa tipologia di lavoro perché ci piace che pensino fuori dagli schemi pur sempre ideando degli ikebana perché è facile fare la cosa “aristica” creando qualcosa di bizzarro che può essere spacciato per originalità quando non lo è il più delle volte.
Ogni persona ha scelto un quadro che lo ispirasse e, coordinandosi, con il maestro Farinelli ha ideato e realizzato il proprio lavoro indagando bene sulle origine e le caratteristiche del quadro opzionato.
Ed ecco il risultato.
Giardino Fiorito – Ikebana di Lucio Farinelli – Vaso di Luca Pedone


Le Sorelle – Ikebana di Luca Ramacciotti


L’albero della Vita – Ikebana di Silvia Barucci – Vaso Sogetsu Ceramic Klin


Fregio di Beethoven (particolare) – Ikebana e vaso di Patrizia Ferrari


Il bacio – Ikebana di Chiara Giani – Vaso di Sebastiano Allegrini


Hygieia – Ikebana di Anne Justo


Le tre età della donna – Ikebana di Ilaria Mibelli


Biscia d’acqua – Ikebana di Silvia Pescetelli – Vaso di Sebastiano Allegrini


Ritratto di signora in nero – Ikebana di Rumiana Uzunova – Vaso di Sebastiano Allegrini


Ringrazio chi ha potuto partecipare a questa iniziativa e vi dico già che è in programma un’altra per fine gennaio, questa volta da me ideata, ma quella è in mano al mistero insondabile del futuro.
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2 dicembre 2021 Come si cammina

Recentemente mi sono imbattuto, su Facebook, in questo scritto di Andrea Zen-a di cui riporto una parte:
“Nell’apprendimento, teorico e pratico, di un’Arte Marziale, cronologicamente la pratica viene prima: nei primi elementi basilari come indossare l’uniforme ( Keikogi 稽古着 o dōgi 道着), il corretto modo di entrare nel dōjo o praticare il saluto. Poi, le posizioni fondamentali , gli esercizi propedeutici e le prime tecniche. Nel frattempo vengono inseriti gli elementi teorici quali i nomi nella lingua madre dell’Arte, la genealogia dei Maestri, la filosofia che ne è essenza e svariati elementi storici. Il cammino che si fa segue il principio (circolare) del continuo miglioramento Shu-ha-ri (守破離). Ma via via che la padronanza aumenta, la riflessione e l’introspezione su quanto appreso diventano una parte importante della pratica personale. […] Questo perchè alla base dei “vuoti” personali vi è di fatto l’ignoranza (Avidyā अविद्या o mumyō 無明 ) che porta a compiere gli stessi errori, le stesse situazioni di sofferenza (giorno dopo giorno, vita dopo vita).Per questo un’Arte Marziale Tradizionale necessita di un solido impalcato teorico e spirituale per permettere la progressione degli allievi. Infine citando le parole d Bruce Lee: Knowing is not enough, we must apply. Willing is not enough, we must do. “
Tutto ciò può essere benissimo riferito al mondo dell’ikebana e all’apprendimento di questa arte.
Il Concentus Study Group per primo, almeno in Italia, ha ideato il corso di ikebana prevedendo una prima lezione di storia e teoria seguita da due lezioni pratiche. Questo perché è importante inquadrare storicamente la nostra scuola (la Sogetsu) e comprendere il cammino che l’arte dell’ikebana ha compiuto dalle origini fino a oggi oltre a dare quei primi concetti teorici atti allo svolgimento della parte pratica. Questo con la rassicurazione che, man mano che le lezioni proseguiranno, la teoria si amplierà sempre di più come i cerchi concentrici sull’acqua dopo che è stata colpita da un sasso rimbalzante.
Ma come si deve compiere questo cammino? Fondamentalmente con la voglia di farlo realmente. Mi spiego meglio. Prima di tutto dovremo scegliere la scuola di ikebana che si avvicina maggiormente al nostro essere. Non c’è una scuola migliore o superiore all’altra. Per personale curiosità ho preso alcune lezioni della scuola Ohara e seguii un workshop dell’Ikenobo, ma il tutto solo a livello culturale perchè è IMPENSABILE seguire più scuole. Le scuole di ikebana hanno modalità, idee e stili talmente differenti tra di loro che seguirne più in contemporanea, non dimostra che noi siamo bravi o artisti, ma semplicemente che non prendiamo seriamente quel percorso. Lo facciamo tanto per fare qualcosa, per accarezzare il nostro ego. Personalmente ho sempre scoraggiato questo atteggiamento o non accettato allievi che seguono anche altre scuole perché è una perdita di tempo per il sottoscritto e di soldi per l’allievo. Inoltre è palese che le loro composizioni non sono né carne nè pesce. Possono essere corrette tecnicamente, ma non esprimono emozioni.
Ecco per la tecnica mi riallaccio a quanto scritto sopra per le arti marziali. Lo studio dell’ikebana non sono un insieme di tecniche, di posizioni del materiale o del kenzan. E’ osservazione del materiale (a lungo), capire attentamente cosa va rimosso o tento dai rami, come utilizzare al meglio le foglie e quale grandezza, l’andamento di un fiore rispetto a un altro o come si utilizzano gli strumenti in nostro possesso dalle hasami al kenzan. E mentre si compie ciò noi andremo a creare un ikebana.
Studiare ikebana non vuol dire avere molta esperienza dei concetti o perizia nell’applicare le tecniche, ma saper compiere la pratica giusta.
Si deve comprendere quanto sia importante continuamente esercitarsi, ma seguendo le lezioni svolte a scuola. Se stiamo ancora realizzando gli stili base è opportuno a casa fare pratica su di essi e non sullo stile libero anche perché non abbiamo abbastanza frecce al nostro arco per eseguirlo correttamente.
Chi non si esercita costantemente (o tutte le volte che può) non imparerà mai abbastanza; questo deve essere un concetto chiaro. Poi, magari, incontreremo insegnanti che ci dicano quanto siamo bravi e speciali, ma ricordo che il medico pietoso fa la piega purulenta e se siamo già così bravi… abbiamo bisogno di prendere lezioni da un maestro? A che scopo? Per prendere il diploma finale?
L’arroganza personale si deve lasciare sulla soglia dell’aula di apprendimento anche quando la mascheriamo da falsa modestia salvo poi nel privato comportarci in maniera opposta.
Non è semplice camminare in linea retta un po’ perché noi si vorrebbe tutto e subito poi perché le correzioni ci infastidiscono quando in realtà servono a farci crescere.
Ho perso diverse allieve che non volevano essere corrette, ma alla fine non so chi tra di noi abbia davvero perso perché sarebbe tanto più facile per me passare per buona ogni composizione e lodare l’allievo, ma non sarebbe onesto.
Sarà che ogni cosa, sia nel lavoro sia in ikebana, me la sono guadagnata a costo di sacrifici personali e impegno senza contare su legami familiari o di amicizia ad agevolare il mio cammino e le mie collaborazioni, ma ho sempre messo tutto me stesso in questa arte e donato al meglio il mio sapere alle allieve affinché potessero camminare sulle loro gambe.
Per tale motivo sulle foto fatte a lezione non metto loghi o altro del nostro gruppo. Per me non è importante far vedere quante allieve ho o ciò che insegno, ma che loro possano mostrare ciò che hanno creato a lezione.
E del mio stesso avviso è, ovviamente, il M. Farinelli.
Non si fa ikebana per fare la coda di pavone o attirare con loghi o altri mezzi gli allievi. Se noi realizziamo una mostra non è mai organizzata da noi, ma siamo sempre invitati. Sono sempre state tutte collaborazioni vere. Non organizziamo una mostra come Luca Ramacciotti e Lucio Farinelli e poi ringraziamo il Concentus Study Group per la collaborazione….
Le nostre allieve da sempre, e anche qui siamo stati i primi a farlo in Italia, ricevono dopo la lezione tutte le foto degli ikebana e il report dei vasi e materiali usati con la preghiera, per chi vuole o può, di esercitarsi a casa e mandarci le foto per le eventuali correzioni. Naturalmente questi compiti casalinghi non hanno un costo dato che l’allievo si acquista da solo i materiali e noi ci “limitiamo” a delle correzioni su di una foto.
Pratica, studio, pratica e ancora pratica per fare un cammino coerente.
Sennò ci ritroveremo tra superbie, studi che si moltiplicano su vari fronti e maestri “tolleranti” a compiere un cammino così….

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22 novembre 2021 Non vi è arte là dove non vi è stile
Per titolo ho utilizzato una frase di Oscar Wilde che perfettamente racchiude tutta la concezione che io ho del mondo dell’arte in senso generale (ovvero dalla pittura al teatro, alle arti performative… all’ikebana).
Per stile, non so Wilde, intendo che l’arte deve esprimere eleganza, magari anche essere brutale, ma sempre veicolando una sensazione, un’emozione. Non deve essere fine a se stessa o per soddisfare l’ego di chi la crea. In questo ultimo caso non si crea un vero impatto universale, è uno sbrodolarsi addosso. Ovviamente è importantissimo lo stile e l’idea dell’artista, ma non deve prevalere sul risultato finale.
Questo concetto è molto importante e, infatti, cerco sempre di applicarlo sul lavoro (mettendomi nei panni del pubblico per comprendere cosa una messa in scena potrebbe comunicare loro) sia nell’ikebana perché il mio scopo è mettere in risalto la natura e non il mio essere. Sarà che entrambi questi lavori li porta avanti con passione e felicità e non per mostrarmi agli altri, anzi il mio è proprio un lavoro in quinta per quello.
Tutto questo per arrivare al vero protagonista di questo blog perché ogni volta che vedo una sua opera resto sinceramente ammirato tanto è vero che già gli avevo dedicato uno spazio precedente. Il suo stile è inconfondibile, ma ti sperdi nei suoi lavori, loro parlano del suo sentire senza che la sua personalità risulti più forte dell’immagine che crea.
Sto parlando del fotografo Vincenzo Salemme che è mooooolto restio nel parlare di sè o a divulgare le sue opere (fece degli scatti per la scorsa Pasqua che io avrei voluto pubblicare ovunque tanto erano potenti e suggestivi, ma non fu possibile) e per questo lo ringrazio maggiormente per aver accettato questo secondo post e che quando vuole qui ci sarà sempre spazio per lui perché credo che le sue opere d’arte possono benissimo essere un’ispirazione per tutti noi.
Inoltre (e quindi doppio grazie) oggi ho imparato una nuova cosa ovvero il concetto di Fine Art che è alla base dei suoi lavori. Questo termine può essere tradotto come Fotografia d’Arte. Il che implica che uno debba immaginare e concepire il lavoro come se fosse già stampato, incorniciato e appeso in una galleria d’arte. Arte per il gusto dell’arte era il motto della corrente Estetista in cui il prodotto artistico era visto come la rappresentazione di se stesso per il gusto di essere ammirato. La Fine Art quindi si può applicare a ogni genere dal ritratto, al macro, al paesaggio, all’architettura; l’importante è che rifletta il totale gusto e fantasia del fotografo che non è finalizzato a creare opere per depliant o cataloghi o per clienti etc. Attraverso la post produzione, l’aggiunta di effetti e/o cromatismi la fotografia viene quasi “stravolta” dalla sua visione.
Per me il senso estetico è sempre stata una dominante nel mio lavoro (vabbè diciamo che mi comanda un po’ su tutto) tanto da amare molto la corrente estetista fino a portare Gabriele D’Annunzio come autore scelto alla maturità. Una corrente spesso fraintesa o banalizzata, ma molto più complessa di quello che potrebbe apparire a una prima visione.
Vincenzo ama la bellezza in tutte le sue forme, ed è sempre alla ricerca di uno scatto che gli faccia percepire delle belle sensazioni. Molte volte gli capita di immaginare e visualizzare lo scatto finito già prima di effettuarlo e di avere la fortuna di questa percezione. Ormai la foto oggi è una delle sue passioni principali. L’affascina la Fine Art, ha avuto la fortuna di incontrare grandi persone in questo settore e tutt’oggi studia e si documenta su questo stile. Perché l’arte senza studio e tecnica non esiste o almeno non la vera arte.
La Natura















Natura morta (idea per un morimono?)

Ritratti e Natura


Ritratti











Vincenzo Salemme

Ringrazio davvero molto Vincenzo per la sua arte, per avermi concesso la pubblicazione dei suoi lavori che spero possano essere di ispirazione per coloro che esercitano l’arte dell’ikebana o anche altre arti legate alla natura.
Inoltre più lo rileggo i concetti sopra espressi e maggiormente mi accorgo di quanto la Fine Art sia vicina a molte idee della scuola Sogetsu.
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