23 ottobre 2016 Fotografia, foto-grafia, significa scrivere con la luce
Il titolo di questo post è di Herbert Marshall McLuhan che prosegue affermando: La fotografia, il cinema, conferiscono una specie di immortalità, una preminenza alle immagini e non alla vita reale.
Mi riallaccio idealmente al post precedente (L’arte è gioia, memoria e non costrizione) dove si analizzava l’importanza di ricordare un ikebana attraverso la fotografia sia per un proprio piacere personale sia perché opere di Sofu, Kasumi, Hiroshi o Akane senza la fotografia probabilmente sarebbero andate perse come quelle di altri maestri, di altre scuole, precedenti a loro. Perché il disegno di un ikebana non è mai la stessa cosa di una fotografia.
Quando noi posizioniamo un ikebana questo riceverà della luce che sia di una fonte elettrica o naturale. La luce che proviene dalla finestra è differente da quella elettrica e questa da quella al neon. Tre luci che daranno forma (e colore) differente al nostro lavoro.
Noi che lo abbiamo in casa sappiamo come è fatto, ma ad una mostra come andiamo ad illuminarlo? Recentemente alla dimostrazione fatta da Ikebana International all’Archivio Centrale dello Stato i nostri tavoli erano stati posizionati male per ciò che riguardava l’illuminazione e (io, Silvana e Romilda dato che nessuno ci dava una mano) ce li siamo spostati affinchè i nostri ikebana fossero adeguatamente illuminati.
E dopo?
Come vogliamo trasmettere o illustrare il nostro lavoro?.
Consideriamo che la luce diretta intensifica colori come il rosso e il porpora mente il blu e il viola perdono di intensità e il giallo tende a sembrare bianco e la luce neon “cambia” il colore e il volume del materiale che illumina. Probabilmente è una mia deformazione professionale, ma ho sempre visto con stupore e meraviglia come una scenografia possa trasmormarsi con l’illuminazione giusta, possa comunicare al pubblico determinati stati di animo. Spesso diamo per “scontato” quanto la luce ci influenzi.
E tutto ciò è ben descritto nel video a cura di Ben Huybrechts dove possiamo vedere come un’installazione cambi di forma e volume a seconda di come venga illuminato per cui andando a fotografare un ikebana (soprattutto se non è eseguito da noi) abbiamo una bella responsabilità che ci dovrebbe portare a non accontentarci di uno scatto e via.
A lezione io premo molto su questo tema e per me è significativo vedere come un allievo usa le foto fatte da me, come invece scatta la foto con il cellulare senza minimamente stare ad inquadrare bene il suo lavoro o come a casa metta in pratica ciò che io gli ho trasmesso io nel mio piccolo o fotografi come Ben Huybrechts, Giuseppe Cesareo o Lorenzo Palombini. Se noi ci teniamo che il nostro lavoro sia ben realizzato, preciso, equlibrato perché poi al mondo lo presentiamo in una maniera non adeguata? E se anche lo volessimo tenere solo per noi perché mortificarlo o accontantarsi di una foto quasi buona? Non sarebbe rispettoso verso i fiori e l’arte che amiamo. Quindi ricordiamoci sempre di come usare la luce, come indirizzarla e di come risaltano e risultano i colori dei nostri materiali.
La luce è una cosa che non può essere riprodotta ma deve essere rappresentata attraverso un’altra cosa,
attraverso il colore. Sono stato contento di me, quando ho scoperto questo.
(Paul Cezanne)
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